E’ allarme siccità in Italia. Un inverno così poco piovoso forse non se lo ricorda davvero nessuno. Da Nord a Sud, le precipitazioni sono state basse e sulle montagne c’è poca neve e quasi in discioglimento. Una situazione che ha spinto la premier Giorgia Meloni a presiedere per il prossimo 1 marzo un vertice con i ministri di Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Affari europei, Coesione, PNRR e Dipartimento per la Protezione Civile. Obiettivo: trovare soluzioni rapide per sventare il serio rischio di dover razionare i consumi di acqua.

L’emergenza idrica è tale, infatti, che 3,5 milioni di italiani rischiano, dati alla mano, di restare senza il bene più prezioso.

Emergenza idrica con rete colabrodo

Il problema non sta riguardando solo l’Italia, tant’è che di razionamento si sta parlando concretamente in Francia. Tuttavia, le poche piogge nel nostro Paese non sono la causa vera dell’emergenza idrica. Da noi c’è una crisi auto-inflitta da decenni di sotto-investimenti nella rete idrica. Partiamo da un dato: i nostri acquedotti si estendono per 425.000 km, arrivando a 500.000 km con gli allacciamenti. Un quarto di questa rete è stata costruita più di mezzo secolo fa e il 60% da più di trenta anni. C’è una certa vetustà, ma il punto è essenzialmente che i lavori di manutenzione riguardano ogni anno appena lo 0,38% della rete. A questi ritmi servirebbero 250 anni per rinnovarla tutta.

E cosa succede quando la rete idrica è oggetto di scarsa manutenzione? Diventa un colabrodo. Infatti, la dispersione di acqua dentro i tubi si attesta mediamente al 42%. Significa che per ogni 100 litri di acqua potabile prelevata, all’utenza ne arrivano 58. Se considerate che esiste circa un terzo degli abitanti del pianeta a vivere in condizioni di carenza idrica, con meno di 50 litri al giorno per definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dovremmo solo vergognarci. Il tasso di dispersione non è uguale in tutto lo Stivale.

Si va dal 18,7% di Milano all’80,1% di Frosinone. In generale, il Centro-Nord registra perdite molto minori del Centro-Sud.

Allarme siccità aggravato da invasi inefficienti

Poi c’è il problema degli invasi. Perché hai voglia che piova, se l’acqua non riesci neppure a raccoglierla. A tale proposito, dobbiamo sapere che l’85% dell’acqua potabile è prelevata in Italia da acque sotterranee. La percentuale scende al 20% in Sardegna. Ed esistono 347 laghi, 526 dighe e 20.000 piccoli invasi, la cui capacità di stoccaggio dell’acqua sta scendendo. Era al 15% negli anni Settanta, oggi sta all’11,3%. Queste differenze percentuali possono sembrare basse, ma non lo sono per niente. Sapete che l’Italia è uno dei paesi europei con le maggiori precipitazioni annue? Oltre 300 miliardi di metri cubi. Superiamo paesi come il Regno Unito, che pure hanno la fama di essere molto piovosi. Invece, piove più a Roma che a Londra.

Ebbene, per quanto le piogge questo inverno siano state scarse, il vero problema è che l’acqua che cade dal cielo è raccolta sempre meno da un sistema di invasi che fa “acqua da tutte le parti” e viene sprecata una volta che arriva nei tubi. E così arriviamo ai consumi di acqua, che effettivamente vedono l’Italia in cima alle classifiche europee. Con 152,4 metri cubi pro-capite, a seconda dell’anno siamo primi o secondi dopo la Grecia. Per fare un confronto, in Germania si arriva a poco più di 60, in Francia a 80 e in Spagna a poco più di 100.

Noi italiani siamo spreconi? Un po’ è vero che abbiamo consumi di acqua elevati, ma se la rete non fosse un colabrodo, il dato passerebbe inosservato. Dei 9 miliardi di metri cubi di acqua potabile prelevata, infatti, possiamo calcolare in circa 3,75 miliardi di metri cubi le perdite a causa delle condutture vetuste. Se le azzerassimo, ciascun italiano disporrebbe di oltre 170 litri al giorno in più, sostanzialmente quanto consuma in media un tedesco.

Se anche solo le dimezzassimo, avremmo non meno di 85 litri al giorno in più a disposizione.

Sotto-investimenti cronici portano a razionare consumi di acqua

Insomma, l’emergenza idrica non è causata dall’allarme siccità in sé, bensì dalla nostra noncuranza nella manutenzione degli invasi e della rete idrica. Senza saperlo, siamo baciati dalla fortuna e non sappiamo approfittarne. I sotto-investimenti restano il problema principale. Lo stato spende la media di 30 euro per abitante per rinnovare la rete idrica contro una media europea di 100 euro. Infine, ignoriamo anche le tecnologie esistenti per tamponare la carenza di acqua nelle fasi critiche. La desalinizzazione è un sistema che consente a paesi privi di risorse idriche come nel Golfo Persico di godere di acqua potabile prelevandola dal mare e ripulendola da sale, impurità e metalli. L’Arabia Saudita ne produce così per 10 milioni di metri cubi al giorno, la Spagna 5 milioni e l’Italia meno di 500.000. I dati sono stati riportati da Corrado Panzeri, Head of Innotech Hub e Partner di The European House – Ambrosetti.

La buona notizia è che i fondi del PNRR ci consentiranno di spendere diversi miliardi per accelerare il ritmo di rinnovo della rete idrica. La cattiva, che siamo cronicamente incapaci di spendere i soldi di cui disponiamo. Con la conseguenza che i razionamenti dei consumi di acqua nel Centro-Nord diventano probabili, mentre gli invasi al Sud traboccano e devono essere svuotati in mare. Ennesima conferma dell’incapacità dell’Italia di gestire la risorsa più fondamentale per la vita e lo stesso tessuto produttivo. L’allarme siccità sarà la foglia di fico con cui giustificare l’emergenza idrica e coprire la vergogna di decenni di trascuranza.

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