Il numero dei contagi in Italia è tornato a salire dagli inizi di agosto, portandosi ai massimi da metà maggio. Per fortuna, non lo stesso può dirsi dei decessi, che restano mediamente sotto le 10 unità al giorno. All’apice della crisi sanitaria, arrivarono a superare le 900 unità al giorno. E ancora alla fine di maggio stavano sopra quota 100. All’estero, le cose stanno assai peggio. In Francia, si è arrivati nell’ordine dei 5.000 casi, in Spagna si sono superati gli 8.000 casi. Nella stessa Germania, a secondo del giorno possono superare le 2.000 unità.

E ovunque, il numero dei decessi è minimo per fortuna, anche di solo 1 al giorno.

Contagi Covid in Italia ai massimi da 3 mesi, ma ecco perché non è allarme rosso

Eppure, chiunque leggesse un giornale italiano percepirebbe un clima di allarmismo quasi isterico, con giornalisti, politici e persino virologi a paventare il rischio di un nuovo “lockdown”. La campagna mediatica contro la movida è la punta dell’iceberg di questo atteggiamento: creare un clima di colpevolizzazione dei giovani e dei turisti in ritorno dall’estero per giustificare l’eventuale imposizione di nuove restrizioni. In scia a questo sentimento diffuso e che fa leva sull’invidia sociale, il governo ha imposto la ri-chiusura delle discoteche dopo Ferragosto, creando un contraccolpo a un settore che da solo fattura più di 4 miliardi all’anno.

A chi serve tutto questo? In teoria, a nessuno. La paura frena la ripresa dei consumi, perché le famiglie tendono a spendere di meno per proteggersi contro i rischi autunnali. L’economia continua a ripiegare, anziché iniziare la risalita, e il malcontento dovrebbe colpire chi governa. Fa impressione notare, però, che proprio l’esecutivo e la maggioranza giallo-rossa che lo sostiene in Parlamento appaiano i più inclini all’allarmismo. Questione di prudenza, si direbbe. Ma sorge il sospetto che dietro vi sia una strategia più fine, volta a tenere sotto scacco le categorie produttive, affinché frenino le critiche per ottenere qualche concessione nel caso di una nuova quarantena.

La pioggia dei sussidi che aiuta il governo

Dal marzo scorso, milioni e milioni di italiani vivono di sussidi o “bonus”, secondo il linguaggio ipocrita del legislatore. Si va dai 600/1.000 euro al mese per le partite IVA alla cassa integrazione per i lavoratori dipendenti temporaneamente inoccupati, passando per gli aiuti specifici alle categorie più colpite, tra cui ristoranti e bar.

I sussidi non bastano ai beneficiari per mantenere i livelli di reddito pre-Covid, ma rappresentano un modo con cui il governo punta a controllare il consenso. Se ti do 600 o 1.000 euro per non lavorare e creo un clima di profondo allarmismo riguardo alla situazione sanitaria, genererò il convincimento che, date le condizioni, io stia facendo il massimo per te. Se, poi, ti sospendo alcuni pagamenti, tra cui del mutuo, magari ti senti pure soddisfatto, malgrado arriverai a stento alla fine del mese.

Bonus come se piovessero, ecco cosa c’è dietro alla sfilza di soldi elargiti dal governo

E’ una sorta di sindrome di Stoccolma, quella per cui l’ostaggio tende ad affezionarsi al suo rapitore. Questo meccanismo funziona fino a quando le elargizioni del governo avverranno a debito, caricandole sui contribuenti stessi, ma risultando invisibili per il presente. E in fondo, l’allarmismo stesso sorregge il ricorso all’indebitamento, il quale diverrebbe meno giustificabile in assenza di un clima da crisi sanitaria emergenziale. Ma il premier Giuseppe Conte forse non ha compreso che peggio andrà l’economia nei prossimi mesi, più evanescente si rivelerà il suo consenso personale, l’unico ancora elevato, quando quello della maggioranza si mostra scarso sin dalla nascita dell’esecutivo.

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