Si fa presto a dire Recovery Fund. Il destino degli aiuti europei non dipende da noi italiani, se non solamente dal momento in cui ci verranno erogati. Il rischio arriva dal Nord Europa. Nelle scorse settimane, la Germania ha dovuto sospendere la ratifica su imposizione della Corte Costituzionale e in attesa che questa si esprima con sentenza. Le indiscrezioni vorrebbero che venga emanata prima dell’estate, ma sta di fatto che la prima potenza europea non abbia ancora dato il via libera.

E senza l’avallo di tutti i 27 stati comunitari, il Recovery Fund non debutta.

Ma se i tedeschi alla fine dovrebbero, come sempre, giungere a più miti consigli, non lo stesso può dirsi della Finlandia. Ieri, la Commissione costituzionale del Parlamento ha deciso che l’approvazione degli aiuti europei debba avvenire con maggioranza dei due terzi. Ora, su 199 deputati, la maggioranza di governo dispone solamente di 116 seggi, molti meno dei 133 necessari per il via libera. E c’è di più. La coalizione dei cinque partiti che sostengono la premier Sanna Marin sta sfaldandosi. Il Partito di Centro di Annika Saarikko ha dichiarato di avere perso fiducia nell’esecutivo sulla differenza di vedute sul piano quadriennale di spesa.

All’opposizione, ci sono con 38 seggi a testa Partito dei Finlandesi e Coalizione Nazionale, entrambi di centro-destra. Il primo, d’impronta apertamente euro-scettica, è contrario agli aiuti europei. Il secondo non ha espresso ancora un’opinione, ma c’è il rischio che sia tentato di giocarsi la carta del voto contrario per strizzare l’occhio ai cittadini a ridosso di possibili elezioni anticipate. La premier ha dichiarato, infatti, che se perderà la maggioranza assoluta in Parlamento, si dimetterà.

Aiuti europei e i pregiudizi verso l’Italia

Dentro l’attuale maggioranza, che raggruppa partiti perlopiù di sinistra e qualcuno centrista, gli aiuti europei all’Italia non sono ben visti.

Anzitutto, perché impressiona l’alta evasione fiscale nel nostro Paese. L’opinione pubblica finlandese si chiede se sia corretto inviare denaro a un’economia, in cui la quota dei ricchi è più alta che in Finlandia e molti contribuenti non pagano le tasse. Peraltro, la Finlandia è contribuente netto del Recovery Fund. Dovrebbe ottenere 3,2 miliardi di euro, ma versarne 6,6 miliardi. A conti fatti, il via libera agli aiuti europei per Helsinki si traduce in un costo. Detto questo, esistono pressioni affinché il paese scandinavo non tiri qualche brutto scherzo a Bruxelles.

Tutta l’Unione Europea tiene alla buona riuscita del piano, al fine di evitare tensioni finanziarie e segnalare compattezza dinnanzi a una sfida comune molto impegnativa. E la stessa industria finnica ci tiene a conservare buone relazioni con l’Italia, nonché a mettere in sicurezza tutto il Sud Europa. Una crisi di fiducia che sfociasse in crisi economica nell’area destabilizzerebbe anche l’esportatrice Scandinavia.

Ma la variabile politica interna non è facilmente decifrabile. La Finlandia è da anni uno degli stati più euro-scettici dell’Eurozona. Insieme ad Austria, Olanda e Danimarca, ha fatto parte dei cosiddetti “Paesi Frugali”. Questi hanno tenuto testa al Sud Europa e alla stessa Commissione durante la stesura del Recovery Fund, puntando a contenere gli aiuti europei nella quantità e nella loro composizione. Certo, un eventuale voto contrario di Helsinki rappresenterebbe un grosso smacco per tutte le istituzioni comunitarie. Molto più probabile che i partiti troveranno il modo per salvarsi reciprocamente la faccia. Se così non fosse, saremmo in un mare di guai.

[email protected]