Ecco come sfruttare al massimo l’invalidità per la pensione anche a 56 anni di età

Ecco come sfruttare al massimo l’invalidità e come ottenere la giusta percentuale per la pensione anche a 56 anni di età.
6 mesi fa
3 minuti di lettura
Pensioni quota 41 o quota 92
Foto © Licenza Creative Commons

Tutto ciò che è stato fatto per ottenere il verbale della commissione medica invalidi civili, con tanto di percentuale di invalidità assegnata, deve essere ripetuto. Partendo da questa considerazione, possiamo sottolineare cosa devono fare i lavoratori interessati a andare in pensione prima del previsto, addirittura ben prima dei 60 anni di età. Infatti, si può sfruttare al massimo l’invalidità per la pensione anche a 56 anni, ma solo in determinate circostanze e seguendo le procedure previste dalla normativa.

Ecco come sfruttare al massimo l’invalidità per la pensione anche a 56 anni di età

Si fa sempre un gran parlare di pensioni anticipate per gli invalidi o di misure privilegiate in termini di uscita dal lavoro per i portatori di handicap.

Tuttavia, le prestazioni che i disabili riescono a percepire spesso sono prive di vantaggi anagrafici o liquidano pensioni e trattamenti di importo molto basso.

Tutte queste questioni riguardano l’invalidità civile, ossia l’invalidità generica che un disabile può chiedere e ottenere abbastanza facilmente se le condizioni fisiche o psichiche non sono ottimali. Basta recarsi dal medico curante e iniziare la procedura. Il medico di base produce il certificato medico introduttivo e lo carica sulla piattaforma online.

Con la copia del certificato trasmesso, gli interessati vanno al Patronato per completare la procedura di domanda. Il Patronato invia la domanda all’INPS e l’interessato attende la convocazione da parte della commissione medica invalidi civili delle ASL.

C’è invalidità e invalidità, ed in base alle differenze, i vantaggi cambiano

Dopo la visita medica di fronte ai commissari, viene emesso un verbale che arriva a casa dell’interessato dopo qualche giorno. Nel verbale sono riportati i rilievi della commissione, le patologie confermate nella visita (che facevano parte del certificato medico introduttivo del medico di famiglia) e l’esito della visita stessa.

Ciò include la percentuale di invalidità assegnata, l’eventuale accettazione della richiesta dei benefici della legge 104 e, nei casi più gravi, l’accoglimento della domanda di accompagnamento.

Ma se il diretto interessato è riconosciuto disabile non gravissimo, cosa accade?

In genere, non vengono liquidate prestazioni economiche, ma esistono vie alternative che possono essere sfruttate, permettendo di andare in pensione anche a 56 anni di età.

Ape sociale e quota 41 per i precoci, ma nulla a che vedere con la pensione a 56 anni grazie alla giusta invalidità

Un invalido al 74% può rientrare nell’Ape sociale, una delle misure che include questa tipologia di invalidi tra le categorie beneficiarie. Tuttavia, sono necessari almeno 30 anni di contributi versati.

Un’altra misura che consente il pensionamento con il 74% di invalidità è la quota 41 per i precoci, che richiede però ben 41 anni di contributi, di cui almeno uno versato prima dei 19 anni.

E chi non arriva a 41 anni di contributi? E chi non raggiunge nemmeno i 30 anni?

Nulla da fare, perché quota 41 e l’Ape sociale prevedono questo genere di carriere contributive. Chi, per esempio, si ferma a 20 anni di contributi è escluso da queste misure. Tuttavia, con la giusta invalidità, è possibile sfruttare vie alternative, anche più vantaggiose di quelle prima citate.

Ecco cosa deve fare il disabile per ottenere il diritto di andare in pensione a 56 anni

Abbiamo premesso che tutto quello fatto per ottenere il verbale della commissione medica invalidi civili, con tanto di percentuale di invalidità assegnata, deve essere ripetuto. È necessario tornare dal medico di base per la redazione di un certificato medico della stessa tipologia di quello presentato per l’invalidità civile.

Ma nel certificato, che segue la stessa procedura prima descritta, deve essere riportato l’articolo della Legge 222 del 1984, che parla di invalidità pensionabile. Si tratta dell’invalidità specifica per le mansioni lavorative svolte dal soggetto richiedente.

Sia l’invalidità civile che quella pensionabile trattano della riduzione della capacità lavorativa.

Tuttavia, nel primo caso è generalizzata, mentre nel secondo caso è specifica per il lavoro che l’invalido ha svolto durante la sua carriera. Ad esempio, una piccola malformazione a una mano può produrre una riduzione della capacità lavorativa specifica molto maggiore rispetto alla riduzione generica dell’invalidità civile, soprattutto per chi svolge un lavoro in cui lo stato di salute delle mani deve essere ottimale.

Bastano 20 anni di contributi, ed il vantaggio è assicurato

Con l’invalidità specifica, se essa raggiunge almeno l’80%, si aprono le porte di una particolare misura: la pensione di vecchiaia con invalidità pensionabile. Questa è una delle misure più favorevoli del panorama previdenziale italiano. Perché consente alle donne di andare in pensione a 56 anni di età e agli uomini a 61 anni.

A dire il vero, per via del sistema a finestra, il primo rateo di pensione slitta di 12 mesi, ma il vantaggio è comunque notevole. Soprattutto considerando che la misura prevede solo 20 anni di contributi da versare.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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