A Cuba è fuga di massa, abitanti scesi sotto 10 milioni sull’isola tra fame e repressione

A Cuba il numero degli abitanti è sceso sotto 10 milioni per ammissione dello stesso regime. E' fuga dall'isola tra fame e repressione.
5 mesi fa
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Abitanti in fuga da Cuba
Abitanti in fuga da Cuba © Licenza Creative Commons

Se persino il regime sostiene che il numero degli abitanti a Cuba sia sceso sotto la soglia dei 10 milioni, c’è da credere all’allarme lanciato dai ricercatori indipendenti. Da tempo è fuga di massa dall’isola, dove le condizioni di vista sono collassate e gran parte della popolazione ha perso la speranza di vederle migliorare in un arco di tempo ragionevole. Juan Carlos Albizu-Campos è un ricercatore del Centro Cristiano per la Riflessione e il Dialogo. Calcola che dall’ottobre del 2021 all’aprile di quest’anno siano stati 738.680 i cubani che sono arrivati negli Stati Uniti.

Numero abitanti a Cuba in crollo verticale

Un’emigrazione di massa senza precedenti, in parte dovuta all’allentamento delle regole per espatriare introdotte nel 2013 dall’allora presidente Raul Castro. I numeri di Albizu-Campos sono agghiaccianti: gli abitanti a Cuba sarebbero diminuiti di 1,79 milioni tra il 2022 e il 2023, scendendo a 8,62 milioni. In effetti, non ci sono soltanto gli Stati Uniti come approdo per chi vuole lasciare l’isola. Perlomeno, non sempre sono terra di emigrazione diretta. Ad esempio, tra gennaio e ottobre dello scorso anno vi sono stati 50 voli charter al mese tra L’Avana e Managua, capitale del Nicaragua. In tutto, si stima che abbiano trasportato 100.000 persone desiderose di una vita migliore altrove. Spagna e Italia risultano le altre principali mete preferite.

Riforma monetaria e boom inflazione

Le date di questo esodo di massa per gli abitanti di Cuba non sono casuali. A partire dal gennaio del 2021 il regime castrista eliminò il sistema monetario duale. Scompariva il peso cubano convertibile e quello che rimaneva, nei fatti veniva svalutato del 96%. L’inflazione esplose per il boom dei costi delle importazioni. La miseria si faceva ancora più insopportabile e nel luglio di quell’anno si ebbero proteste contro il governo in più città contemporaneamente. Le autorità rispondevano con una brutale repressione e centinaia di arresti, perlopiù di giovani.

A quel punto, molti si convincevano che non vi fosse più alternativa all’espatrio.

Prima della riforma monetaria l’economia cubana era già a pezzi. Le sanzioni finanziarie dell’amministrazione Trump peggiorarono la situazione, impedendo l’invio delle rimesse degli emigranti tramite le agenzie americane come Western Union. In teoria, sin dal 2021 c’è stata una parziale liberalizzazione del settore privato. Molti lavori prima vietati possono essere praticati all’infuori del settore pubblico. Ma l’implementazione è stata scarsa, con il risultato che oggi la produzione interna continua a scarseggiare e le importazioni costano molto di più per il crollo del cambio. Il resto lo ha fatto il Covid, colpendo il turismo, principale fonte di accesso ai dollari.

Collasso del cambio prosegue

Tra le altre cose, se con la riforma si è passati da un cambio di 1:1 contro il dollaro a uno di 1:24, la banca centrale ha fissato a 1:120 il cambio effettivo per gli abitanti di Cuba. Come se non bastasse, sul mercato nero servono circa 300 pesos per acquistare un dollaro. La situazione è così grave che il premier Manuel Marrero si è visto costretto nei giorni scorsi ad annunciare una “parziale dollarizzazione” dell’economia. Un controsenso per una società che si dichiara “comunista” e fiera nemica del capitalismo. I turisti potranno pagare direttamente in valuta straniera, anziché tramite le carte prepagate previamente acquistate sull’isola.

Marrero ha spiegato che la svolta non punta alla “totale dollarizzazione”, bensì ad alleviare la penuria di valuta pesante che si registra sull’isola e che, a suo avviso, è causata dal settore privato, le cui importazioni nel 2023 sono state pari a 1,3 miliardi di dollari. Saranno limitate le importazioni di auto, specie di lusso, in quanto contrastanti con i valori e gli interessi della società cubana.

Abitanti a Cuba sempre meno fertili

La verità è che gli abitanti rimasti a Cuba sono costretti a dimenarsi tra stipendi da fame, servizi pubblici carenti, blackout all’ordine del giorno e scaffali vuoti.

Non c’è solo la fuga all’estero come forma di sfiducia verso il regime. La denatalità è diventata anche qui un grosso problema, con il numero delle nascite sceso sotto 80.000 unità. Mai così basso dal 1959, l’anno della Revolucion. Diminuiscono sia le donne che fanno figli che il numero medio di figli partoriti. Sull’isola non c’è futuro. Chi può, scappa. Chi non può o non vuole, si rifiuta di mettere al mondo un figlio tra miseria e repressione.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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