Crisi Egitto, svalutazione lira imminente per evitare rivolte

L'Egitto si accinge a svalutare la lira per la seconda volta quest'anno, al fine di arginare il rischio di una degenerazione della crisi e conseguenti rivolte popolari. Ma i sacrifici per gli egiziani non mancheranno.
8 anni fa
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Il premier Sherif Ismail ha annunciato oggi che la banca centrale unificherà presto il tasso di cambio ufficiale e quello vigente sul mercato nero in Egitto. Una dichiarazione, che ha il senso di annunciare un’imminente svalutazione della lira, che scambia ufficialmente a 8,8, ma che al tasso illegale è salita nel range di 16,5-18 contro il dollaro. Per arginare il rischio di rivolte, accresciuto nelle ultime settimane per via dell’incipiente carenza di beni, Il Cairo starebbe seguendo, quindi, la via argentina per risolvere il problema dell’insufficienza di valuta pesante, evitando così di scivolare nella drammatica situazione del Venezuela, la cui crisi ha raggiunto ormai vette indicibili.

(Leggi anche: Crisi Egitto in stile Venezuela)

Sempre oggi, poi, nel tentativo di attirare investimenti stranieri, il governo ha posticipato di tre anni formalmente l’entrata in vigore di un’imposta sui capital gain del 10%. In teoria, sarebbe dovuta entrare in vigore dall’anno prossimo, dopo essere stata rinviata di due anni nel 2015.

AGGIORNAMENTO ORE 09.45 03/11/2016: LA BANCA CENTRALE HA ANNUNCIATO CHE LA LIRA  PUO’ ADESSO FLUTTUARE LIBERAMENTE SUL MERCATO E HA TENUTO UN’ASTA A UN CAMBIO DI 13 CONTRO IL DOLLARO, +/-10%. ALZATI I TASSI DI 300 PUNTI BASE,

Rischio rivolte in Egitto non escluso

Ma il rischio rivolte resta dietro l’angolo. Il Fondo Monetario Internazionale si accinge a prestare all’Egitto 12 miliardi di dollari, cercando così di assistere finanziariamente l’economia del paese, alle prese con un deficit al 12% del pil. In cambio, il presidente Al Sisi dovrà fare passare alcune misure per contenere il disavanzo, quando già sono in atto tagli ai sussidi su cibo e carburante e l’introduzione di un’IVA al 13%. Il governo ha anche parlato di “imposizione fiscale progressiva”, senza aver fornito ulteriori dettagli, mentre ieri è stato già alzato del 40% il prezzo dello zucchero, il principale bene

Altri guai sarebbero in arrivo dall’Arabia Saudita, che ha sostenuto la presidenza Al Sisi negli ultimi due anni con 25 miliardi di dollari.

La scorsa settimana, però, Riad ha sospeso l’invio di petrolio a prezzi scontati di 700.000 barili, costringendo l’Egitto a pagare mezzo miliardo per rifornirsi di greggio, mettendo a repentaglio le già fragili riserve valutarie, quasi dimezzatisi in 5 anni da 36 a 19,5 miliardi di dollari.

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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