Nel mese di dicembre, il risparmio degli italiani è cresciuto di 40 miliardi di euro. Lo riporta il rapporto mensile dell’Abi, che vede i depositi bancari salire al nuovo record di 1.854,4 miliardi, +30,1 miliardi rispetto a novembre. Su base annua, la crescita è stata del 6,6%, pari a +114,6 miliardi. Rispetto al valore presumibile del PIL nel 2021, il dato si attesterebbe sopra il 103%.
Dunque, restiamo un popolo di santi, poeti, navigatori e risparmiatori. Ma il balzo del risparmio riflette anche i bassi consumi. Probabile che le tredicesime nell’anno appena trascorso, stimate in 43,7 miliardi, siano state grosso modo conservate intatte.
Lo stato guarda sempre con estremo appetito all’ammontare del risparmio depositato in banca. Si tratta di una ricchezza liquida facilmente aggredibile sul piano fiscale. Chiedere per una conferma all’ex premier Giuliano Amato, fautore del prelievo forzoso nel 1992. A parte questo discorso, più gli italiani riescono a mettere qualcosa da parte e maggiori le possibilità di finanziamento dell’immenso debito pubblico accumulato. Lo stock dovrebbe essersi attestato a dicembre appena sotto i 2.700 miliardi, poco più del 150% del PIL.
Sale il risparmio, scende la fiducia nello stato
Tuttavia, diversi dati ci spingono a credere che lo stato italiano stia facendosi i conti senza l’oste. Se nel 2002 gli italiani investivano l’8% della loro ricchezza finanziaria in titoli di stato, nel 2020 la quota diminuiva al 3% dei 4.777 miliardi complessivi. E un rapporto del CENSIS di qualche anno fa trovò che quasi due italiani su tre sarebbe indisponibile a finanziare il governo: il 61,2% rispose che, se avesse risparmio da investire, non avrebbe acquistato ugualmente titoli di stato. Nello stesso rapporto, emerse che il 76,8% degli intervistati fosse contrario a tassare il denaro tenuto fermo in banca di più di quello investito.
In altre parole, i risparmiatori italiani non stanno abboccando alla propaganda del sistema, secondo la quale i depositi bancari infruttiferi andrebbero disincentivati e dovrebbe essere il risparmio domestico a finanziare il debito pubblico. L’era dei “Bot people” sembra finita da un pezzo, e non solo per il crollo dei rendimenti offerti. Le famiglie non sembrano nutrire grossa fiducia nello stato e non vogliono sentirne di continuarne a finanziare spese eccessive, inefficienti, perlopiù clientelari, non oculate e in gran parte slegate all’erogazione di servizi elementari come l’istruzione e la sanità. Lo si è visto con il flop di escamotage come i BTp Futura, dedicati al canale retail e il cui appeal tra i risparmiatori è praticamente nullo.