Al termine della scorsa settimana è stato emesso un nuovo bond emergente e denominato in euro per l’importo di 1 miliardo. L’operazione è stata l’ennesima conferma del buon momento per gli emittenti emergenti in cerca di finanziamenti sui mercati internazionali grazie alla fame di rendimento che inizia a diffondersi su quelli avanzati. E questa volta dobbiamo spostarci in Costa Rica. Lo stato dell’America Centrale si è finanziato per la prima volta nella sua storia nella moneta unica. Attenzione, perché non si tratta di un Eurobond. Infatti, l’emissione è avvenuto sotto la legge domestica, sebbene sia stata rivolta anche agli investitori stranieri.
Bond emergente in euro acquistabile tramite GDN
Per essere più precisi, il bond emergente in euro (ISIN: CRG0000B64J7) è accessibile agli investitori dall’estero tramite i cosiddetti Global Depositary Notes (ISIN: XS3239964664 e XS3239964581). Questi sono strumenti di debito di una banca depositaria, che consentono ai clienti l’accesso ai bond in valute straniere. La cedola è stata fissata al 6,47% annuale lordo, pagata con cadenza semestrale. Il prezzo di aggiudicazione è stato di 99,93 centesimi, sostanzialmente alla pari.
Emissione sotto legge locale
Questo bond emergente in euro ha rating BB da parte di Fitch e reca la scadenza del 21 novembre 2030. Pertanto, si tratta di un quinquennale. L’emissione è avvenuta tramite uno strumento denominato “Titulo de proprietad en euros”. L’obiettivo del governo costaricano è stato di smaltire le emissioni sul mercato domestico in valuta locale (colon) e quelle in dollari USA. Ha potuto così anche differenziare le sue fonti di approvvigionamento finanziario, allargando la platea degli investitori in particolare modo all’Europa.
Qual è la vera differenza tra questo bond emergente in euro e un Eurobond propriamente detto? Il primo ricade sotto la legge costaricana, che per gli investitori stranieri rischia di essere meno favorevole alla legge britannica, che è quella a cui fanno perlopiù riferimento le emissioni internazionali. L’alternativa è spesso la legge americana. Tanto per fare un esempio, in caso di rinegoziazione di un Eurobond è richiesto all’emittente di imporre perdite di pari portata agli investitori domestici sui bond in valuta locale.
Basse riserve e alto debito estero
Fatta attenzione a questo aspetto di natura legale, andiamo alle condizioni macroeconomiche. Il Costa Rica è un emittente “junk” o “speculativo”, cosa che implica un rischio di credito elevato. Ha un debito pubblico in area 75% del Pil, che può sembrare basso rispetto ai livelli italiani. Il fatto è che possiede riserve valutarie per appena 16,1 miliardi di dollari, a fronte di un debito estero complessivo di 41,7 miliardi, anche se a breve termine dovrebbe attestarsi sui 6 miliardi. In più, i saldi commerciali e delle partite correnti sono negativi. Ciò denota un deflusso costante di valuta estera, ergo difficoltà nel tempo ad ottemperare alle scadenze con l’estero.
Il deficit fiscale nel 2024 è stato del 3,4%, mentre la spesa per interessi ha sfiorato il 5%. Soddisfacente la crescita del 4,3%, anche se qualche rischio può arrivare dai dazi americani. Di recente, l’amministrazione Trump ha azzerato le tariffe su caffè, banane e pompelmi importati dal Costa Rica. I dati confermano che al 31 agosto scorso le esportazioni nette verso gli Stati Uniti sono persino cresciute. Erano state pari al 2% del Pil nell’intero 2024.
Bond emergente in euro ad alto rischio
In conclusione, il suddetto bond emergente in euro comporta un rischio elevato sul fronte creditizio. Il suo accesso diretto non è possibile, mentre l’acquisto deve avvenire tramite i GDN. Un rendimento a scadenza del 6,50% risulta per il momento a premio del 3,80% sul BTp a 5 anni. Uno spread rilevante, ma che incorpora quei rischi sopra accennati. Il momento, tuttavia, si conferma positivo per i mercati emergenti. Di recente, stati come Repubblica del Congo e Angola sono tornati a finanziarsi all’estero e il Sudafrica sta studiando il suo ritorno dopo un anno.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

