E’ accaduto qualcosa di straordinario e apparentemente inspiegabile sul mercato cinese alla fine di ottobre. Shanghai Pudong Development Bank ha emesso obbligazioni convertibili in azioni per 50 miliardi di yuan, pari a circa 7 miliardi di dollari. Una pratica comune di questi tempi in Cina, dove le società hanno emesso complessivamente nei primi 10 mesi dell’anno circa 40 miliardi di dollari di obbligazioni convertibili, l’80% in più rispetto allo stesso periodo del 2018. Quello che non è parso affatto comune è stato il riscontro sul mercato: gli ordini sono arrivati alla cifra spaventosa di 7.800 miliardi di yuan, circa 1.100 miliardi di dollari!
In altre parole, il bond di Shanghai Pudong Development Bank è stato sottoscritto per circa 156 volte in più rispetto all’importo offerto, ma come vedremo il bid-to-cover ratio è da stimarsi nell’ordine di 300.
Sul piano prettamente finanziario, si è trattato di una buona occasione di investimento. L’emittente gode del rating “AAA” e sulle obbligazioni convertibili emesse con durata di 6 anni ha offerto cedole crescenti fino al 4% per il sesto e ultimo anno. Al 30 giugno scorso, vantava assets per 6.600 miliardi di yuan (924 miliardi di dollari), in crescita del 5,8% rispetto a fine 2018. In sostanza, trattasi di un istituto solido. Ci sta che di questi tempi di caccia al rendimento, gli investitori si facciano prendere la mano da un’opportunità apparentemente ghiotta, pur scontando il rischio di cambio nel caso dei capitali fluiti dall’estero.
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Perché 1.000 miliardi di ordini?
Ad ogni modo, 1.100 miliardi di ordini continuerebbero a non spiegarsi. Per capirci qualcosa di più, bisogna sapere che le autorità finanziarie cinesi stanno incentivando queste emissioni di obbligazioni convertibili, in quanto consentono a società e banche di rifinanziarsi sui mercati a tassi inferiori rispetto a quelli pretesi dagli investitori per i bond ordinari.
Sul piano regolamentare, questi bond vengono trattati come se fossero debiti a tutti gli effetti fino alla scadenza, per cui gli obbligazionisti ottengono maggiori garanzie di rimborso rispetto agli azionisti per il caso di default societario. Inoltre, a differenza di quanto accade con strumenti simili in Europa e America, il tasso di conversione può essere rivisto dall’emittente dopo la data di emissione, aumentando le probabilità che la conversione venga effettuata. Tutto questo sta spronando in Cina sia alla domanda che all’offerta di questi titoli.
Infine, c’è una peculiarità tecnica alla base del boom di ordini: poiché non risulta necessario depositare parte della somma offerta quando s’inserisce un ordine, si è soliti gonfiare le richieste a dismisura, così da accrescere le probabilità di ottenere almeno parte dell’importo emesso. La situazione è diventata così grottesca, che il caso di Shanghai Pudong Development Bank non rappresenta nemmeno un record. Tempo fa, China Citic Bank emise un bond convertibile per 6 miliardi di dollari, ricevendo ordini per la cifra ridicola di 33.000 miliardi, 5.500 volte l’offerta. Le autorità cinesi dal marzo scorso, quindi, hanno vietato le sottoscrizioni attraverso account multipli, così da dare una regolata agli investitori. Resta il dubbio che, aldilà di tutte queste spiegazioni, la domanda sia stata effettivamente molto, troppo elevata.
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