Londra e Bruxelles hanno deciso all’inizio di questa settimana di sottoscrivere un’intesa per resettare le relazioni bilaterali per la prima volta dalla Brexit. Questo accordo UE-UK arriva a distanza di quasi cinque anni e mezzo dal divorzio ufficializzato il 31 gennaio del 2020. Getta le basi per riavvicinare le parti in un momento storico complicato sul piano geopolitico. Tuttavia, rischia di trasformarsi in un boomerang politico esiziale per il premier laburista Keir Starmer.
Accordo UE-UK, termini essenziali
Cosa prevede l’accordo UE-UK? Sono diversi gli ambiti coinvolti: alimentari, pesca, difesa e mobilità giovanile. Le esportazioni di generi di cibo e bevande saranno possibili per Londra nell’UE (e viceversa), a patto che essa si adegui agli standard comunitari attraverso il meccanismo del cosiddetto “adeguamento dinamico”.
Cosa non meno importante, la Corte di Giustizia avrà l’ultima parola in caso di dispute. E sulla pesca, l’accordo vigente sarà esteso di 12 anni al 2038. Esso consentirà alle navi europee di accedere alle acque britanniche in cambio della cessione del 25% della quota sui diritti di pesca. I pescatori scozzesi sono semplicemente inorriditi da questa soluzione, che ritengono essere peggiore di quella a suo tempo pattuita dall’allora premier Boris Johnson.
Le esportazioni alimentari verso l’UE ammontavano a 14 miliardi di sterline nel 2023, in calo del 34% rispetto al 2019. Il tempo dirà se l’accordo UE-UK avrà risvolti positivi o meno per l’economia britannica. Starmer punta a snellire le procedure burocratiche e i controlli, nonché a rilanciare il ruolo del governo di Londra in una fase di scarsa unità dell’Occidente. Ad esempio, le società della difesa britanniche potranno accedere al fondo comunitario da 150 miliardi di euro per la presentazione di progetti militari transnazionali.
Non sono stati ancora resi noti i termini concreti di tale previsione.
Labour e Tories al collasso
I rischi sul piano politico interno sono elevatissimi. L’ultimo sondaggio di YouGov e pubblicato ieri assegna al Labour il 22% dei consensi, mentre i Tories all’opposizione prenderebbero appena il 16% e scivolerebbero al quarto posto dietro ai Libdem al 17%. Davanti a tutti svetterebbe il Reform UK di Nigel Farage al 29%. Solamente nel luglio scorso, alle elezioni generali i laburisti ottennero quasi il 34% e oltre 400 seggi su 650 in Parlamento. I conservatori seguirono con il 24%, Reform si fermò al 14% e i Libdem presero il 12%.
Alle recenti elezioni amministrative, il Reform UK ha stravinto. A picco i seggi conquistati nei comuni da laburisti e conservatori. Stando a questi dati, oggi come oggi il partito che fu di Winston Churchill e Margaret Thatcher otterrebbe appena 17 seggi contro i 346 del Reform. In pratica, lo storico partito della destra britannica sparirebbe dalla circolazione. La sua leader Kemi Badenoch di origini nigeriane è già sotto accusa. Rischia di essere messa da parte da una congiura di partito che già si inizia ad intravedere. L’ennesima in pochi anni e che cristallizza nell’opinione pubblica l’immagine dei Tories come un partito di bande in lotta per la leadership senza occuparsi dei problemi della gente.
Rischi politici
Il collasso dei Tories deve impensierire anche Starmer. I due storici partiti messi insieme oggi prenderebbero il 38%, la metà di nemmeno cinque anni e mezzo fa. A fine 2019, tuttavia, i Tories vinsero grazie al ritiro del Brexit Party di Farage nei collegi uninominali. Se a destra è proprio Farage ad uscire trionfante da questo smottamento elettorale, a sinistra stanno approfittandone i liberaldemocratici e i Greens. Questi ultimi sono saliti al 10% da meno del 7% di luglio. Sono tutti voti presi ai laburisti. E l’accordo UE-UK rischia di consolidare questa tendenza. Libdem e Greens furono e restano i partiti più apertamente schierati contro la Brexit. Dopo la firma di questi giorni, l’elettorato progressista può trarne la conclusione che questi partiti avessero ragione, votandoli al posto del tiepido Labour.
Accordo UE-UK rinvigorisce Farage
Il bipartitismo britannico non esiste nei fatti più. I Tories sono diventati la fotocopia dei Labour in politica economica, estera e su questioni come sicurezza e immigrazione. Il Labour si è mosso male in questo primo anno di governo, tra scandali e soluzioni fiscali che hanno indisposto persino la sua stessa base. L’accordo UE-UK è forse la scommessa di Starmer per cercare di rinvigorire l’economia e la propria leadership all’estero. Ma a votare restano i sudditi di Sua Maestà, che non segnalano grande affezione ad un ritorno nell’UE. Anzi, il tema rischia di portare ancora più acqua al mulino di Farage, che della Brexit ne fece per decenni la sua battaglia della vita. Vinta contro ogni pronostico. E al momento è il più papabile successore di Starmer a Downing Street.