L’accordo sul tetto al debito americano è una barzelletta: +4.000 miliardi in due anni

L'accordo sul tetto al debito negli Stati Uniti è una resa totale della destra alle richieste dell'amministrazione Biden. Repubblicani divisi.
2 anni fa
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Accordo sul tetto al debito americano

Chi non vorrebbe un’opposizione così battagliera da consentire al governo di aumentare l’indebitamento di 4.000 miliardi di dollari in due anni? L’amministrazione Biden non avrà creduto alle sue orecchie e ai suoi occhi di avere piegato i Repubblicani in cambio di un pugno di mosche. L’accordo sul tetto al debito americano rappresenta, infatti, una resa della destra. Anzi, una disfatta sul piano dell’immagine. E proprio per questo non è detto che passi al Congresso. E’ vero che i numeri ci sono sia alla Camera che al Senato, ma se nella prima il numero dei deputati contrari tra le file dei Repubblicani fosse elevato, lo speaker Kevin McKarthy ne dovrebbe trarre le conseguenze.

L’accordo sul tetto al debito possiamo riassumerlo così: innalzamento di 4.000 miliardi di dollari per due anni, in modo da scavallare le elezioni del novembre 2024. In cambio, la spesa federale resta congelata per l’anno prossimo, ad esclusione del budget dedicato alla Difesa, mentre dal 2025 crescerebbe dell’1% all’anno. Secondo le stime preliminari, l’impatto di queste misure sarebbe nell’ordine dei 650 miliardi entro dieci anni. Nulla, se si pensa che il Congress Budget Office, l’Ufficio di Bilancio del Congresso, ha calcolato nelle settimane passate in 2.000 miliardi il deficit medio annuo negli Stati Uniti per il prossimo decennio.

Spesa sfrenata per la Difesa

In altre parole, l’accordo sul tetto al debito è l’ennesimo calcio al barattolo di una politica americana sempre più nel baratro. Non affronta alcun nodo in maniera sistemica. In un certo senso, è normale. La politica economica la decidono i governi, non le trattative bipartisan. Queste avrebbero, semmai, dovuto porre l’accento sull’insostenibilità del debito federale a stelle e strisce con tassi di crescita a questi ritmi. Ne sono tutti consapevoli, solo che i Democratici non vogliono rinunciare al loro sogno di “europeizzare” il governo americano con un aumento smisurato della spesa pubblica.

E i Repubblicani credono alla favola che i tagli delle tasse si auto-finanzino, per cui non avrebbero bisogno di coperture finanziarie.

Entrambi gli schieramenti, poi, considerano oramai un tabù porre un freno alla spesa per la Difesa. E’ stata del 2,8% del PIL nel 2022 e, in valore assoluto, quest’anno salirebbe del 17,4%. Quasi certamente, quindi, risulterà ancora più alta rispetto al PIL, probabilmente sopra il 3%. Sì, gli Stati Uniti sono il “poliziotto del mondo libero”; sì, spendono anche per la sicurezza di noi europei, che siamo diventati notoriamente figli dei fiori dopo avere provocato due guerre mondiali; sì, vale sempre il motto latino “si vis pacem, para bellum”. Ma siamo sicuri che la superpotenza possa più permettersi tutti questi sfarzi?

Accordo tetto debito, minaccia a status dollaro

E’ di diverse migliaia di miliardi di dollari il costo delle guerre affrontate dagli Stati Uniti dopo l’11 Settembre. Oltre ad un accordo sul tetto al debito, sarebbe importante che Repubblicani e Democratici si mettessero d’accordo sul grado di interventismo militare futuro. Per quanto i calcoli non siano semplici da effettuare, possiamo affermare senza il timore di sbagliare che qualche decina di punti di rapporto debito/PIL sia conseguenza proprio delle imprese belliche più recenti. E storicamente gli imperi sono crollati per l’impossibilità di continuare a finanziare l’apparato bellico.

In tutto questo, non c’è alcuna sensazione che le parti abbiano consapevolezza della minaccia allo status del dollaro. L’accordo sul tetto al debito non pone alcuna limitazione allo spandi e spendi. Rischia di foraggiare i piani delle potenze “nemiche”, che non vedono l’ora di soppiantare il dollaro come valuta di riserva mondiale. Sempre che alla Camera passi. C’è già una numerosa fronda tra i Repubblicani, i quali non possono permettersi passi falsi alla vigilia del lungo processo delle primarie per le presidenziali.

L’ex presidente Donald Trump scalda i motori per tornare alla Casa Bianca e farà di tutto per complicare la vita al suo successore Joe Biden, oltre che agli avversari interni.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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