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Oggi: 05 Dic, 2025

Pensioni preti e sacerdoti: rivalutazioni al palo e perdite nascoste

Pensioni preti e sacerdoti: un sistema di tagli e mancati adeguamenti che riduce tutele e valore degli assegni previdenziali
2 mesi fa
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pensione preti e sacerdoti
Foto © Pixabay

Il tema delle pensioni in Italia si trova spesso al centro del dibattito pubblico, soprattutto quando si affrontano le questioni legate alla rivalutazione degli assegni. Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata sulle pensioni di importo medio-alto, quelle cioè che non beneficiano di un adeguamento pieno al costo della vita (inflazione). Una recente analisi di Itinerari Previdenziali ha messo in luce i forti squilibri che si sono creati. Ma accanto a queste problematiche, vi è anche la situazione dei ministri di culto, quindi delle pensioni di preti e sacerdoti, che nel loro caso si trovano di fronte a meccanismi penalizzanti ancora più particolari.

Le rivalutazioni parziali delle pensioni medio-alte

Il sistema previdenziale italiano prevede che le pensioni vengano rivalutate periodicamente in base all’andamento dell’inflazione, così da mantenere inalterato nel tempo il loro potere d’acquisto. Tuttavia, non tutte le pensioni beneficiano dello stesso trattamento. Quelle minime ricevono un adeguamento pieno, mentre per gli assegni di importo più consistente le percentuali di rivalutazione risultano ridotte e, in alcuni casi, azzerate (trovi qui, alcune simulazioni di rivalutazione pensioni in vista del 2026).

Questo meccanismo genera nel lungo periodo una perdita significativa. Se da un lato si tratta di pensioni ottenute dopo anni di contributi elevati e costanti, dall’altro i pensionati si vedono progressivamente privati di una parte del valore reale del proprio assegno. Secondo i calcoli riportati dallo studio, una pensione lorda di 2.500 euro  ha perso nel tempo oltre 13.000 euro di valore. .

Ciò significa che, anno dopo anno, i pensionati partono da importi già penalizzati e accumulano nuove riduzioni, innescando un circolo vizioso difficile da interrompere.

La situazione per preti e sacerdoti: esclusione dalle “pensioni d’oro”

Quando si parla di rivalutazioni e di cosiddette “pensioni d’oro”, spesso si pensa ad assegni molto elevati. In questo contesto, i sacerdoti non rientrano affatto tra i beneficiari di trattamenti generosi: il loro reddito è infatti classificato come di pura sussistenza.

Oggi il problema principale riguarda i tagli specifici che si applicano alle pensioni di preti e sacerdoti. Si tratta di regole particolari che, a differenza del resto del sistema previdenziale, finiscono per ridurre sensibilmente gli importi percepiti.

La riduzione di un terzo sugli assegni

Un primo nodo critico riguarda la riduzione automatica di un terzo della pensione del Fondo Clero quando il sacerdote percepisce un altro assegno pensionistico mensile. Questa regola non trova riscontro in nessun’altra gestione previdenziale italiana e appare come una vera e propria penalizzazione strutturale.

Il problema si aggrava ulteriormente perché la riduzione non risparmia neppure le pensioni di invalidità. In questo caso, ci si trova di fronte a una contraddizione evidente con la tutela costituzionale del diritto alla salute, poiché viene compromessa la sicurezza economica di chi si trova in condizioni di fragilità.

Secondo i dati INPS del 2025, la perdita annua dovuta a questo meccanismo è di circa 2.884 euro. Una cifra che, moltiplicata per gli anni di riscossione dell’assegno, porta a un danno complessivo notevole.

Pensioni preti e sacerdoti: un sistema da ripensare

Il quadro che emerge è quello di un sistema previdenziale complesso, che tratta in modo molto diverso le varie categorie di pensionati. Da un lato ci sono gli ex lavoratori con assegni medio-alti, che subiscono da anni rivalutazioni parziali con perdite progressive sul loro potere d’acquisto. Dall’altro lato ci sono le pensioni di preti e sacerdoti, che pur avendo pensioni modeste, devono fare i conti con tagli e regole speciali che li penalizzano ulteriormente.

Il tema delle pensioni preti e sacerdoti si colloca, quindi, in una dimensione delicata, perché riguarda una categoria con redditi già limitati e che spesso svolge un ruolo sociale rilevante all’interno delle comunità. La combinazione tra riduzioni automatiche e mancanza di indennità accessorie fa sì che i loro trattamenti risultino tra i più penalizzati dell’intero panorama previdenziale.

E’ stata emanata il 23 settembre 2025 anche la circolare INPS n. 128/2025 con la quale l’istituto, dando attuazione alle previsioni contenute nel Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 30 luglio 2025 (G.U. n. 186 del 12 agosto 2025), aggiorna i contributi pensionistici dovuti al Fondo a partire dal 1° gennaio 2024.

Riassumendo

  • Le pensioni medio-alte subiscono rivalutazioni ridotte, con gravi perdite nel tempo.
  • Una pensione di 2.500 euro ha perso oltre 13.000 euro di valore reale.
  • I sacerdoti hanno pensioni modeste, escluse dalle cosiddette “pensioni d’oro”.
  • Riduzione di un terzo sugli assegni quando si percepisce un’altra pensione.
  • Serve riforma per correggere penalizzazioni e garantire equità nelle pensioni preti e sacerdoti.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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