La pensione di vecchiaia è senza dubbio la principale misura di pensionamento del sistema italiano. È infatti la soluzione a cui accedono sia coloro che raggiungono l’età pensionabile vigente, sia chi ha una carriera contributiva non particolarmente lunga, ma comunque sufficiente a soddisfare la soglia minima richiesta. Si tratta quindi di una misura ordinaria e strutturale del sistema, sempre presente.
Naturalmente questo non significa che i requisiti rimangano invariati nel tempo. Anzi, accade spesso che subiscano modifiche, poiché le misure ordinarie dell’INPS sono collegate all’aspettativa di vita degli italiani.
In questo approfondimento, però, analizziamo soprattutto alcuni casi poco conosciuti che permettono di andare in pensione di vecchiaia prima dei 67 anni.
Ma com’è possibile se la norma prevede, appunto, il compimento dei 67 anni? A questa domanda daremo risposta.
Pensioni di vecchiaia, cosa sono e come si centrano
Prima di tutto, vediamo come si accede oggi alla pensione di vecchiaia. Anche se si tratta di una misura ordinaria, non tutti ne conoscono i dettagli.
La pensione di vecchiaia si ottiene con 67 anni di età compiuti e almeno 20 anni di contributi versati. Tuttavia, per chi ha la prima iscrizione alla previdenza obbligatoria (cioè il primo versamento contributivo) successiva al 31 dicembre 1995, è richiesto anche che l’importo della pensione non sia inferiore a quello dell’assegno sociale.
In concreto, la pensione non può essere più bassa di 538,69 euro al mese nel 2025, pari all’importo dell’assegno sociale. Una regola che serve a evitare un paradosso: contribuire per 20 anni e ricevere un trattamento più basso rispetto a chi non ha mai versato alcun contributo.
Va inoltre ricordato che, per i cosiddetti contributivi puri (chi ha iniziato dopo il 1995), non sono previste maggiorazioni o integrazioni come invece accade per chi ha versato contributi prima del 1996.
La pensione di vecchiaia arriva prima dei 67 anni per chi svolge un lavoro pesante, ma pochi lo sanno
Come detto, la regola generale prevede i 67 anni e 20 anni di contributi. Tuttavia, esistono agevolazioni che consentono di anticipare l’uscita.
Un esempio riguarda proprio alcuni lavoratori con primo versamento dopo il 1995. In particolare, le lavoratrici madri possono usufruire di una riduzione dell’età pensionabile: 4 mesi in meno per ogni figlio avuto, fino a un massimo di 16 mesi.
In questo modo, chi ha avuto quattro o più figli può accedere alla pensione di vecchiaia già a 65 anni e 8 mesi.
Sconti in base al lavoro svolto? Ecco quando ciò accade
Esistono poi agevolazioni legate al tipo di attività lavorativa. Chi svolge un lavoro gravoso o usurante beneficia di requisiti più favorevoli.
Infatti, per questi lavoratori — che rientrano nelle categorie già considerate per l’Ape sociale o la quota 41 precoci — non si applica l’adeguamento di 5 mesi introdotto nel 2019.
Dal 1° gennaio 2019, infatti, l’età per la pensione di vecchiaia è passata da 66 anni e 7 mesi a 67 anni, in base all’aspettativa di vita. Ma non per chi svolge lavori usuranti o gravosi: per loro resta il requisito dei 66 anni e 7 mesi.
Attenzione però: per accedere a questa agevolazione occorre avere almeno 30 anni di contributi effettivi. Non sono validi, quindi, i contributi figurativi, volontari o da riscatto.