Nel 2025 molti contribuenti possono andare in pensione già a 62 anni di età. La possibilità di uscire dal lavoro a questa età è garantita dalla misura chiamata quota 103, che però nel 2026 potrebbe non esserci più.
La chiusura di questa misura apre ad alcune considerazioni: se davvero terminerà a fine anno, dal 2026 molti si troveranno con una possibilità in meno di quiescenza. Tuttavia, se al posto della quota 103 dovesse nascere un’altra formula – come sembra nelle ipotesi del governo – probabilmente non solo sarà ancora possibile andare in pensione a 62 anni, ma la nuova misura potrebbe coinvolgere un numero maggiore di persone.
Ed è per questo che c’è chi inizia a valutare addirittura l’ipotesi di rinviare la pensione.
“Salve, mi chiamo Rodolfo. Ho 62 anni compiuti a febbraio 2025. Ad ottobre completerò 41 anni di contributi. Avevo messo come obiettivo la pensione con quota 103. Avrei accettato il taglio derivante dal calcolo contributivo, ma ora mi chiedo: se nel 2026 arriverà davvero la quota 41, io che ho un ISEE sotto i 35.000 euro non subirei penalizzazioni. Che mi dite? Meglio aspettare qualche mese?”
Pensioni a 62 anni, chi aspetta il 2026 guadagna anche il 30% in più, ecco come
In effetti, se diamo retta alle ultime ipotesi sulle pensioni per la prossima legge di Bilancio, ciò che pensa il lettore ha un suo fondamento. Il governo pare intenzionato a cancellare la quota 103 e a sostituirla con la quota 41.
I requisiti resterebbero gli stessi: pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi. Ciò che cambierebbe sarebbe il metodo di calcolo della prestazione, che da interamente contributivo – come avviene oggi con quota 103 – diventerebbe misto.
Per chi ha più di 18 anni di contributi versati prima del 1996, il vantaggio sarebbe notevole.
Oggi, infatti, con la quota 103 il ricalcolo contributivo comporta una perdita fino al 30%. Un lavoratore che avrebbe diritto a una pensione da 2.000 euro al mese, con la quota 103 si ritroverebbe con circa 1.400 euro.
La fretta è cattiva consigliera, ecco perché è meglio temporeggiare
Con la nuova quota 41, la differenza rispetto alla quota 103 starebbe nel passaggio dal ricalcolo contributivo a un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.
Questa penalizzazione verrebbe però applicata solo a chi ha un ISEE superiore a 35.000 euro. Per gli altri, nessun taglio.
Ecco quindi il vantaggio: chi oggi ha i requisiti per la quota 103 o li raggiungerà entro il 2025, potrebbe valutare di rinviare la pensione di pochi mesi (o addirittura di pochi giorni) per rientrare nella quota 41 del 2026, ottenendo così un assegno più alto.
In definitiva, nel 2026 potrebbe scomparire la quota 103, ma con l’ingresso della quota 41 dai 62 anni la misura diventerebbe più appetibile: il taglio alla pensione sarebbe infatti molto più contenuto rispetto a quello attuale.