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Oggi: 05 Dic, 2025

Lo spread ai minimi dal 2010 ci spiega gli errori del dopo Berlusconi

Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è crollato ieri ai minimi dal 2010, cioè appena 88 punti base. Un grande successo per il governo Meloni.
5 mesi fa
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Spread ai minimi dal 2010
Spread ai minimi dal 2010 © Licenza Creative Commons

C’è un termine che da 15 anni si aggira come uno spettro tra le stanze del potere politico e finanziario in Italia ed è più temuto di qualsiasi altra cosa al mondo. Di spread non avevamo sentire parlare fino al 2010. Non che prima non esistesse, semplicemente non se lo filava nessuno per via del suo scarso significato. Erano i tempi in cui i rendimenti dei titoli di stato nell’Eurozona risultavano allineati, dalla Grecia alla Germania, come se fossero equivalenti tra di loro. Il rischio di credito era considerato basso e uguale in tutta l’area. Poi, venne la crisi dei mutui subprime. Ad averla combinata grossa furono gli Stati Uniti, ma come spesso capita a pagarne il prezzo sarebbe stata la parte del mondo che non c’entrava con quel caos: l’Europa.

Allarme spread dopo crisi dei mutui subprime

Le banche saltarono in aria una dopo l’altra, i governi furono costretti a costosissimi salvataggi e i debiti pubblici iniziarono a scricchiolare. Fu in quel momento che comparve lo spread. I mercati distinsero tra stati virtuosi e cicale, preferendo i primi e scartando dai loro portafogli i bond emessi dalle capitali più spendaccione. Emerse che la Grecia aveva truccato i conti e fu per molti investitori la prova provata che il Sud Europa non meritasse la loro fiducia. Cadde Atene e subito dopo Dublino, poi venne il turno di Lisbona e, infine, l’attenzione si spostò su Madrid e Roma.

Dalla caduta di Berlusconi al salvataggio di Draghi

La crisi dello spread, come venne ribattezzata, coincise in Italia con le convulsioni politiche del governo Berlusconi.

Quando nel novembre di quell’anno il Tesoro emise il Bot a 6 mesi con un rendimento monstre del 6,4%, il Cavaliere non poté che salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni. Sarebbe stato succeduto dal prof Mario Monti, alla guida di un governo tecnico sostenuto da quasi tutti i partiti politici allora presenti in Parlamento, tranne Lega e Italia dei Valori. Una finanziaria “lacrime e sangue” avrebbe dovuto rimettere le cose a posto, mentre ci avrebbe pensato il governatore della Banca Centrale Europea a salvare l’Italia e l’euro.

Mario Draghi s’inventò il whatever it takes quel 6 luglio del 2012. La tempesta sui mercati infuriava e lo spread era alle stelle in tutta la semi-periferia europea. La fine dell’euro era attesa vicina. Fino ad allora l’Italia pagò per colpe non sue. I nostri conti pubblici non erano disastrosi come pensiamo. Ad eccezione del 2009, anno di crisi mondiale, riuscivamo sempre a chiudere il bilancio con un saldo primario in avanzo. L’attacco ai BTp rientrò in uno schema ben preciso, teso a colpire l’euro. “Locuste della speculazione” furono definiti da Silvio Berlusconi ancora premier in Parlamento.

Credibilità riacquistata dopo lunga eccezione negativa

Dopodiché, però, arrivò l’eccezione italiana. Tutta negativa s’intende. Piano piano i rendimenti spagnoli conversero a quelli tedeschi e più di recente anche in Portogallo e Grecia.

L’Italia, invece, pagava la sua peculiarità storica: l’instabilità politica. E fu così che, salvo un breve periodo nella prima fase del governo Renzi e subito dopo la sua caduta, lo spread restava un problema. Si sarebbe riaffacciato drammaticamente con la nascita del primo governo Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Lega, espressioni diverse di due populismi tra loro spesso alternativi.

Lo spread avrebbe seminato il panico anche con l’arrivo della pandemia nel 2020 e con il rialzo dei tassi di interesse nel 2022. Quando Giorgia Meloni fu nominata premier nell’ottobre di quell’anno, era sopra 230 punti. Ieri, scendeva fin sotto 87 punti, ai minimi dal 2010. Pur restando il più alto nell’Eurozona, la convergenza con i rendimenti tedeschi e francesi è palese. Un po’ perché gli “italiani” della situazione sono diventate proprio Germania e Francia tra annunci di debiti, conti pubblici sballati e instabilità politica. Per il resto è il fattore “credibilità” ad avere giocato un ruolo estremamente positivo.

Grafico spread sotto governo Meloni
Grafico spread sotto governo Meloni © Licenza Creative Commons

Fiducia dei mercati nel governo Meloni

L’attuale governo italiano è considerato meritevole di fiducia da parte dei mercati per la sua politica fiscale prudente. Siamo tornati in avanzo primario e la crescita economica, per quanto flebile, resta superiore a quella di economie come la Germania. Il taglio dei tassi sta favorendo gli acquisti dei bond prima scartati come i BTp, grazie alla maggiore propensione al rischio. E gli investitori notano che l’esecutivo è stabile, sorretto da una maggioranza politica che gode di consenso nel Paese. Per anni ci eravamo raccontati la frottola dell’esigenza di nominare un governo tecnico dopo l’altro per attirare la fiducia dei mercati. La verità è che questi chiedono soluzioni credibili, non palliativi.

La storia italiana insegna che, in media, un governo tecnico non dura più di un anno e mezzo. Non che i governi politici siano generalmente più longevi, ma il punto è che non puoi pensare di tenere a bada lo spread con alchimie politiche che sfociano ben presto in un diffuso malessere tra gli elettori.

Nel 2022 siamo tornati alla normalità dopo anni di eccezioni. E gli investitori stranieri sono tornati ad investire nei nostri titoli, così come le famiglie ne hanno fatto incetta. Il risultato è straordinariamente positivo: rendimenti in calo lungo la curva dei tassi, promozioni delle agenzie di rating, Piazza Affari ai massimi dal 2007 ed elogi espliciti alla premier Meloni dalla stampa finanziaria e dai fondi internazionali.

Sullo spread grande imbroglio

E, dunque, sullo spread si era costruito un grande imbroglio politico. Agli italiani era stata propinata la storiella per cui solo figure apartitiche avrebbero potuto risanare i conti pubblici e migliorare il profilo di rischio del debito pubblico. Dai mercati è arrivata una smentita feroce. E’ bastato avere un governo con una maggioranza politica chiara per riportare la fiducia degli investitori. A questi interessano condizioni legislative stabili e nitide per impiegare i loro capitali, nonché una politica fiscale prudente e al contempo riflesso delle preferenze elettorali. Giorgia Meloni è una leader credibile, in quanto espressione politica di una maggioranza di elettori. Dopo Berlusconi avevamo assistito allo smantellamento della politica per mano di coloro che avrebbero dovuto tutelarla da ingerenze esterne. Lo spread ai minimi dal 2010 rimette a posto le loro cose. Ma quanto sangue è scorso nel frattempo!

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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