Il volto del capitalismo americano può subire grossi cambiamenti con la riforma allo studio alla Casa Bianca. L’amministrazione Trump starebbe apportando modifiche al sistema di voto degli azionisti nelle assemblee. Obiettivo: limitare lo strapotere dei grossi fondi ed enti attivisti. A farne le spese, secondo quanto riporta la stampa a stelle e strisce, sarebbero quasi certamente i cosiddetti “proxy advisors” come ISS (Institutional Shareholder Services) e Glass Lewis. Questi esprimono raccomandazioni di voto alla vigilia delle assemblee, così da indirizzare le politiche dei consigli di amministrazione.
Stop a raccomandazioni di voto per azionisti
Nel mirino di Trump ci sarebbe, in particolare, l’opacità nei rapporti tra questi proxy advisors e i board aziendali.
Questi ultimi sono soliti avvalersi dei servizi di consulenza offerti dai primi. Ciò inficerebbe le stesse indicazioni di voto rivolte agli azionisti. E non sarebbe un mistero che i CDA chiedano la consulenza a tali soggetti con il preciso obiettivo di ammorbidirne le posizioni in vista delle riunioni dei soci.
Di recente, ISS e Glass Lewis sono stati definiti “terroristi aziendali” da Elon Musk. Il fondatore di Tesla ha ottenuto l’avallo dei soci per ricevere un compenso fino a 1.000 miliardi di dollari nei prossimi anni, al raggiungimento di numerosi obiettivi. I due hanno invitato gli azionisti ad esprimere voto contrario. Da cui l’astio. Pare che l’ex capo del DOGE abbia riallacciato i rapporti con il presidente dopo mesi burrascosi trascorsi all’insegna degli insulti reciproci sui social. Anche Jamie Dimon, a capo di JP Morgan, ha sottolineato i conflitti di interesse che caratterizzano tali istituti.
Gestori di fondi indicizzati nel mirino
Sul tema potrebbe avere avuto una certa influenza anche Broadridge Financial Solutions. Questi sta cercando di sottrarre clienti a ISS e Glass Lewis, ma sostiene di svolgere un lavoro differente. Non punta a dare raccomandazioni di voto agli azionisti, bensì ad offrire loro servizi di ricerca. E la riforma di Trump avrebbe effetti dirompenti anche sui gestori di fondi indicizzati. BlackRock, Vanguard Group e State Street vedrebbero diminuire il loro potere rispetto ad oggi. Insieme, riescono ad incidere per il 30% dei voti nelle assemblee di tutte le grosse società americane.
BlackRock cambia linea con rielezione di Trump
Questi tre colossi agirebbero ormai da tempo come un “cartello” e finirebbero per impedire agli altri azionisti di fare valere le loro ragioni. Pensate che solamente BlackRock gestiva asset per 13.500 miliardi di dollari al 30 settembre scorso. Il suo CEO è Larry Fink, che è diventato uno degli uomini più potenti della Terra. Una sua decisione può impattare, infatti, sul voto degli azionisti di migliaia di grandi società nel mondo. La destra americana lo accusa di essere stato l’artefice delle politiche “woke” propinate ai board di tutte le società partecipate. I repubblicani hanno persino intentato causa al fondo per la politicizzazione che farebbe dei denari versati dai clienti nei fondi pensione.
Lo stesso Fink ha fiutato l’aria e dopo la rielezione di Trump ha cambiato impostazione. Sembra avere abbandonato le politiche portate avanti negli anni passati. Ha affermato, addirittura, che in futuro cresceranno maggiormente le economie “razziste” che hanno puntato sugli investimenti e, quindi, sull’innovazione rispetto a quelle che hanno aperto le frontiere agli immigrati per puntare sui bassi salari.
L’idea del governo sarebbe di costringere questi gestori a votare in linea con le dichiarazioni dei loro clienti. Non è chiaro per il momento secondo quale meccanismo.
Fuori l’ideologia dalle imprese
Dalla Casa Bianca definiscono le indiscrezioni “pura speculazione”, invitando a leggere solamente i contenuti del testo che verrà presentato a suo tempo. Sul voto agli azionisti, tuttavia, sembra essere iniziata una battaglia per limitare lo strapotere di chi porta avanti istanze ideologiche a discapito degli interessi aziendali. Tra le misure contemplate vi sarebbe la rivisitazione della legge approvata dopo il crac di Lehman Brothers, che assegna la facoltà a chi possiede 2.000 dollari in azioni per almeno un triennio di presentare proposte in assemblea.
L’amministrazione Trump vuole tornare a un capitalismo senza fronzoli e costrutti ideologici. Poche grandi realtà riescono ormai ad incidere sulle decisioni dei manager per effetto non solo del loro peso in assemblea, ma anche indirizzando il voto degli azionisti. Le politiche retributive e aziendali nel loro complesso sono sempre più fissate sulla base di tali minacce che non a vere e proprie convinzioni. E’ così, ad esempio, che le società quotate hanno dovuto piegarsi alle politiche ESG e alle pratiche DEI. In altri termini, hanno dovuto abbracciare piani di sostenibilità ambientali e volti all’inclusione, pur prescindendo dai risvolti positivi per i bilanci.
Riforma di voto per azionisti fine dell’era woke
Compiacere consulenti e gestori di fondi è diventato obbligatorio per non soccombere sul mercato. Uno strapotere di pochi, che ha suscitato un acceso dibattito negli Stati Uniti, e non solo. Con il ritorno di Trump alla Casa Bianca i primi a tornare sui loro passi sono stati i dirigenti della Silicon Valley. Dopo avere propinato politiche “woke” per anni, hanno denunciato di avere ricevuto pressioni politiche per perseguire tali pratiche.
Comunque sia, si è chiusa un’era. E la riforma sul voto degli azionisti suggellerà la riduzione del potere di indirizzo dei grossi attori, i cui obiettivi spesso risultano poco trasparenti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
