E’ un periodo un po’ così per gli USA. L’economia rimane solida, ma tra gli investitori serpeggia un crescente scetticismo circa la capacità della superpotenza di confermarsi tale nei prossimi anni. Il debito pubblico è ormai troppo alto per passare inosservato, tant’è che venerdì scorso Moody’s ne ha declassato il rating, privandolo definitivamente della tripla A. E lo stesso dollaro, il cui vantaggio per gli americani è stato sinora indubbio, inizia ad essere messo in discussione sui mercati finanziari.
Vantaggio del dollaro non solo sui debiti
Quando parliamo di vantaggio del dollaro, il primo pensiero corre proprio al debito.
Gli americani riescono a finanziarsi a tassi inferiori a quelli che sarebbero per gli altri Paesi in eguali condizioni macroeconomiche e fiscali. Poiché tutti nel mondo devono tenere un po’ di valuta americana per commerciare e fare affari finanziari, l’alta domanda sostiene il cambio e abbassa gli interessi per governo e settore privato.
Borsa americana iper-comprata
Esiste un altro vantaggio del dollaro, che traspare sempre sui mercati finanziari e di cui spesso, però, ci rendiamo poco conto. Parliamo di borse. Avremmo sentito affermare in più di un’occasione che l’economia americana sia molto finanziarizzata. Cosa significa? Wall Street, che figurativamente rappresenta il luogo in cui tutte le società americane (e non solo) sono quotate in borsa, vale oltre 60.000 miliardi di dollari in termini di capitalizzazione. Questo è il valore che gli investitori assegnano proprio a tali società quotate. Il Pil USA chiudeva lo scorso anno a poco più di 29.000 miliardi.
Resto del mondo deprezzato rispetto agli USA
Da questi due numeri emerge che la borsa negli USA vale oltre il doppio del Pil.
E nel resto del mondo? Sappiamo che la capitalizzazione di tutte le borse vale più di 120.000 miliardi, cioè intorno a 60.000 miliardi con esclusione di quella americana. Quanto al Pil, sempre escludendo gli USA, otteniamo circa 80.000 miliardi. Risultato: le borse mondiali ex-USA capitalizzano a circa l’80% del Pil. In altre parole, Wall Street è più capitalizzata in relazione al Pil di 2,5 volte rispetto al resto del mondo.
Nella stessa Europa continentale, che è senza dubbio l’area più benestante del pianeta dopo gli USA, la borsa vale neppure il 75% del Pil. Ecco un vantaggio del dollaro di cui poco si parla. Il mercato acquista spesso azioni di Wall Street per la semplice volontà di investire in asset denominati nella valuta americana. Di certo, c’è anche la fiducia per un sistema economico fondato su libertà d’impresa, difesa dei diritti di proprietà, libera circolazione delle idee e innovazione tecnologica. Ad ogni modo, il dollaro aiuta anche per il semplice fatto che consente alle stesse imprese di accedere al mercato del credito in condizioni di relativo vantaggio.
Vantaggio del dollaro per economia USA
Il risultato è che il rapporto tra prezzi e utili a Wall Street è attualmente di 27,3 contro una media ben inferiore presso le altre borse mondiali.
In Europa non si va oltre i 18,2 della Francia. In Colombia si scende a 8,2. Dunque, un’impresa quotata a Bogotà viene valutata a meno di un terzo rispetto ai suoi utili che se fosse quotata a New York. In Italia, la capitalizzazione di Piazza Affari a fine 2024 valeva appena il 38,1% del Pil. Se godessimo dello stesso rapporto degli USA, si attesterebbe ad almeno 3.500 miliardi di euro in più. Ripetiamo, il solo vantaggio del dollaro non spiega questa immensa differenza, ma contribuisce a segnare le distanze dal resto del mondo.
Vi chiederete cosa implichi tutto ciò. Sbagliato immaginare, quando si parla di borsa, che si tratti di “economia di carta”. Sebbene molta ricchezza in essa sia spesso transitoria e virtuale, gli effetti sull’economia reale possono essere rilevanti. Azioni in crescita forniscono rendimenti più alti ai possessori, molti dei quali futuri pensionati. Alti valori tengono elevate la ricchezza delle famiglie e le garanzie per i creditori, stimolando i consumi e innescando un circolo virtuoso per l’economia. Finché dura, sarà bello per gli americani.