Quello tra Donald Trump e Xi Jinping è stato il primo incontro dal 2019 e potrebbe avere segnato il disgelo tra USA e Cina. Al termine del vertice a Busan, Corea del Sud, i due capi di stato si sono mostrati soddisfatti per l’esito. Parole di grande entusiasmo sono state proferite dal presidente americano, che ha annunciato di recarsi a Pechino in aprile. Oggetto della discussione: dazi, chip e terre rare. Il succo è che la tariffa sulle importazioni cinesi scende negli USA dal 57% al 47%, dato che in relazione alla lotta al fentanyl è stata dimezzata al 10%. Gli USA consentiranno nuovamente alla Cina di acquistare i suoi chip, mentre questa allenterà l’embargo sulle terre rare.
Trump e Xi riscrivono le regole mondiali
Alle trattative, ha spiegato Trump, parteciperà anche NVIDIA. Il colosso dell’Intelligenza Artificiale ha proprio ieri superato i 5.000 miliardi di dollari di capitalizzazione in scia alle notizie positive che arrivavano dall’Asia. E’ la prima al mondo ad avere raggiunto questa cifra stratosferica.
Se dobbiamo interpretare quanto stia avvenendo in questi giorni, il senso è che USA e Cina stanno riscrivendo le regole mondiali per governare il futuro. Chip e terre rare sono due facce della stessa medaglia. Entrambi servono all’IA, che rappresenta quel nuovo salto tecnologico capace di discriminare tra vincenti e perdenti della post-globalizzazione. Le due principali potenze economiche e geopolitiche vogliono primeggiare su tutte le altre. E chiaramente, ciascuna nutre la speranza di riuscire a vincere anche contro l’altra.
IA nuovo salto tecnologico
Ieri, Trump ha usato parole di verità quando ha dichiarato che (sull’IA) “gli USA sono almeno 10 anni davanti a tutti”.
Non a caso il suo obiettivo strategico consiste nel tenere a distanza la Cina, facendo in modo che resti una generazione dietro sul piano tecnologico. L’IA è la nuova arma nucleare del 21-esimo secolo, la macchina a vapore del Settecento, il petrolio di fine Ottocento. Chi la governa, domina il resto del pianeta.
E l’Europa? Non esiste. Spera che gli USA non la mollino del tutto e guarda ancora ingenuamente alla Cina come mercato di sbocco. Il suo fallimento è senza appello. Le istituzioni comunitarie, propinate come lo strumento migliore per garantire forza e potere negoziale agli abitanti del Vecchio Continente in un mondo sempre più grande, si sono rivelate vacue. I suoi sostenitori eccepiscono che servirebbe rafforzarle ulteriormente; come dire che se un’azienda non riesce a ripagare i prestiti, bisogna concedergliene ancora di più. E notano che senza, saremmo ancora più insignificanti. Difficile, tuttavia, fare meno di zero.
USA e Cina attori geopolitici, Europa no
USA e Cina fanno politica nel senso più pregnante e nobile del termine. I primi posseggono la tecnologia e i capitali, la seconda le materie prime. Sanno di avere bisogno l’uno dell’altro, almeno fino a un certo punto. Litigano, gareggiano, si minacciano a vicenda e alla fine si accordano ciascun nel proprio interesse.
L’Europa ha rimpiazzato la politica con la tecnocrazia e si muove secondo assunti ideologici che la condannano all’irrilevanza. Anziché investire sul futuro, regolamenta e riduce gli spazi di libertà economica (e non solo) ai propri cittadini.
Chi ancora sogna che le cose possano aggiustarsi senza Trump e Xi, non ha capito un bell’accidenti. USA e Cina sono destinate a spartirsi il mondo, indipendentemente da chi li rappresenta temporaneamente. Non era un destino ineluttabile, ma l’Europa lo ha reso tale con decenni di inerzia dinnanzi al proprio declino economico e geopolitico. Esiste un piano europeo sui chip o sulle terre rare? No. Esiste un piano per attirare capitali e cercare di recuperare il tempo perduto sull’IA, ammesso che sia ancora possibile? No. Chi rappresenta l’Europa? Nessuno.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

