Unicredit ha annunciato da pochi giorni di essere salita al 20% di Commerzbank, seconda banca tedesca. L’operazione è stata resa possibile grazie all’esercizio di contratti derivati siglati nell’autunno scorso. Si riserva la facoltà “a tempo debito” di salire ulteriormente fino al 29% dei diritti di voto. Il governo di Berlino non l’ha presa per niente bene. Il vice-cancelliere, Lars Klingbeil, leader socialdemocratico, ha preso carta e penna per intimare al CEO Andrea Orcel di desistere dal proseguire con l’acquisizione. Ha ribadito che il Tesoro detiene il 12% e che intende mantenere tale quota nell’istituto. Ha anche fatto presente di valutare positivamente l’indipendenza di questi, anziché il controllo da parte della banca milanese.
Orcel ai ferri corti anche con Roma
In Italia le cose non si mettono meglio con il governo Meloni. In settimana è arrivata l’indiscrezione di Bloomberg, secondo cui la Vigilanza europea starebbe per inviare una lettera a Palazzo Chigi per bocciare l’uso del “golden power”. Da Francoforte, però, è arrivata la smentita. L’ipotesi resta abbastanza verosimile, anche se ciò non ha finora fatto desistere Roma dal cercare di dissuadere Unicredit dall’assumere il controllo di Banco BPM.
Nel caso italiano non siamo di fronte a una scalata da un soggetto straniero. Ciononostante, la Lega particolarmente si mostra contraria, in quanto considera l’operazione minacciosa per il credito alle piccole e medie imprese nel Nord Italia. Fatto sta che le adesioni all’Offerta Pubblica di Scambio (OPS), quando mancano meno di due settimane alla conclusione si sono fermate a meno dello 0,15% del capitale di Banco BPM.
Il flop per il momento è totale. Questo è il grosso problema per Orcel. Se fallisce in Italia, deve avere successo almeno in Germania. Non può portare a casa “zeru tituli” dopo avere aperto due fronti quasi contemporaneamente.
Rischio mani vuote per Unicredit
Certo, agli azionisti potrà sempre dire di avere perso contro i governi e non il mercato. Ciò sarebbe parzialmente vero nel caso dell’Italia, dove gli stessi soci del Banco non sembrano correre ad aderire all’OPS. Paradossale, poi, che Unicredit rischi di perdere entrambe le partite, malgrado l’arbitro a favore. La Vigilanza europea è positiva sia su Commerzbank che Banco BPM. Crede, infatti, che in Europa servano soggetti bancari più grandi e transnazionali, altrimenti la cosiddetta “unione bancaria” e dei capitali resta solo sulla carta. Si sta scontrando con la realpolitik. I governi non rinunciano alla nazionalità delle banche, perché temono di perdere una leva preziosa a favore delle rispettive economie sul piano dei prestiti al settore privato.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


