La strada per redigere la legge di Bilancio per il 2026 si fa più in discesa per il governo di Giorgia Meloni dopo la revisione del Pil da parte dell’ISTAT. L’ufficio statistico ha innalzato le stime per il 2023 e 2024 rispettivamente di 11,212 e 7,437 miliardi di euro. Al termine dello scorso anno, pertanto, il prodotto interno lordo è stato di 2.199,619 miliardi. In termini reali, dato invariato al +0,7%. Per il 2023, invece, segna +1% dal precedente +0,7% comunicato. Numeri che rendono più concreta l’ipotesi di un taglio alle tasse, come vi spiegheremo più in avanti.
Revisione ISTAT su Pil e debito pubblico
Grazie alla revisione del Pil, i conti pubblici risultano migliorati più di quanto fosse stato sinora documentato.
Il deficit per il 2024 è stato confermato al 3,4%, in calo dal 7,2% del 2023. Ma il debito pubblico è sceso al 134,9% dal 135,3% prima stimato. Avanzo primario rivisto leggermente in rialzo allo 0,5% del Pil contro il -3,5% dell’anno precedente e meglio dello 0,4% precedentemente stimato.
Dunque, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, si ritrova a fare i conti con un Pil più grande di 7,4 miliardi. E questo avrà effetti sui conti pubblici. Nel concreto, significa che le entrate fiscali strutturalmente dovranno essere riviste anch’esse in rialzo di circa 3 miliardi. Pur ammontando a meno dello 0,15% del Pil, l’importo sarebbe sufficiente a diradare le nubi sul taglio delle tasse. Servono 4 miliardi per abbassare l’IRPEF sul secondo scaglione di reddito (28.000/50.000 euro) e innalzare questi a 60.000 euro.
IRPEF più leggera e deficit in calo?
I 3 miliardi di maggiori entrate insite nella revisione ISTAT supportano il taglio delle tasse senza compromettere i conti pubblici.
La prudenza resta d’obbligo, dato che già il governo aveva scontato un certo ottimismo riguardo alle entrate, come segnalano i dati relativi ai primi 7 mesi dell’anno (+8,4 miliardi). Più che a dover calcolare sui 3 miliardi in più, il governo troverebbe nell’ISTAT la conferma dell’evoluzione positiva riguardo alle entrate.
Una maggiore solidità di fondo che avvicinerebbe due obiettivi: la discesa del deficit sotto il 3% già quest’anno e il taglio delle tasse per l’appunto. Il secondo non è un capriccio elettorale, bensì la necessità di abbassare la pressione fiscale sui contribuenti onesti dopo che è salita di oltre l’1% del Pil l’anno scorso. Visti anche i buoni risultati in termini di lotta all’evasione, è ragionevole premiare chi le tasse le paga senza minacciare i saldi dei conti pubblici.
Taglio alle tasse innesca circolo virtuoso
Se i cittadini avvertono che il taglio delle tasse arrivi per davvero man mano che le entrate salgono e i conti pubblici migliorano, saranno anche meno invogliati a fregare il fisco. Solo così può innescarsi il circolo virtuoso necessario a mettere definitivamente in sicurezza il bilancio e rilanciare la crescita. Di fatti, da Giorgetti è arrivata la mano tesa a chi vuole la “pace fiscale”, ma la promessa di “un po’ di guerra” contro chi non la vuole e cerca escamotage per sfuggire ai pagamenti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

