L’inflazione nel mese di novembre ha sorpreso anche in Svizzera, ma a differenza dell’Eurozona lo ha fatto al ribasso. L’indice dei prezzi al consumo nella confederazione elvetica ha registrato una crescita annuale nulla e un calo mensile – il quarto consecutivo – dello 0,2%. Rispetto all’apice toccato nei mesi di giugno e luglio, i prezzi risultano scesi dello 0,74%. In particolare, le tariffe degli alberghi e i pacchetti vacanza per l’estero sono risultati meno cari, così come auto nuove, frutta e verdura. Rincari per gli affitti a scopo abitativo, riscaldamento e biglietti aerei.

Niente tassi negativi per ora
Il prossimo 11 dicembre la Banca Nazionale Svizzera si riunirà per l’ultima volta quest’anno e, malgrado il suddetto quadro sull’inflazione, non dovrebbe annunciare il ritorno ai tassi negativi. Il costo del denaro è stato già azzerato, ma l’istituto non vuole prendere a cuor leggero l’ipotesi di abbassarlo sottozero come negli anni passati fino al 2022. E’ consapevole degli effetti collaterali e ritiene che tale policy, pur essendo sul tavolo, debba essere adottata solo in casi estremi.

Ad oggi non si avvertirebbe la necessità. Per mandato l’inflazione in Svizzera può muoversi nel range compreso tra 0 e 2%. La BNS ha fatto presente di poter tollerare una fase temporanea di deflazione. Questa cautela arriva dopo che più volte quest’anno aveva avvertito sui rischi di un tasso di cambio troppo forte.
Il franco svizzero ha toccato i suoi massimi storici contro l’euro e ancora si muove nei pressi di tali record. Ciò non fa bene alle esportazioni, che fungono da ossatura per l’economia domestica. Il loro saldo attivo nel 2024 ha inciso per il 7,8% del Pil.
Accordo sui dazi con Trump meno punitivo
Le esportazioni si hanno per quasi la metà verso il resto d’Europa e un quinto in America. Tuttavia, il saldo con la prima è stato nel 2024 appena positivo per 1 miliardo di franchi. Viceversa, è risultato ampiamente positivo con America (31 miliardi) e Asia (49 miliardi). Solo da qualche settimana lo stato alpino è riuscito a strappare al presidente Donald Trump dazi più bassi rispetto al 39% annunciato nei mesi scorsi. Sono scesi al 15% e grazie a un’opera di convincimento da parte dell’establishment industriale, nota anche come “diplomazia dell’oro” per via dei doni di oggetti preziosi al tycoon.
L’esclusione dei tassi negativi, almeno per questa fase, avrebbe a che vedere proprio con Trump. La BNS teme che una mossa del genere spinga il governo americano a riconsiderare la sua politica commerciale, dichiarando il franco svizzero “valuta manipolata”. In effetti, il taglio dei tassi servirebbe proprio a indebolire il cambio. Per questo l’inflazione in Svizzera sarà tollerata anche se scendesse per alcuni mesi sottozero.
Si tratta di un costo che il sistema sosterrebbe volentieri, pur di allontanare lo spettro dei dazi punitivi.
Inflazione in Svizzera può scendere anche sottozero
La Svizzera non ha avuto grossi problemi d’inflazione neppure in questi ultimi anni. Il massimo fu toccato nell’agosto del 2022 al 3,5%, un terzo dei livelli nell’Eurozona. Ad avere attutito i contraccolpi del caro energia è stato proprio il “super” franco; apprezzandosi contro le valute straniere, ha ridotti i costi delle importazioni e frenato la crescita dei prezzi al consumo. Il cambio elvetico tende a rafforzarsi quando ci sono tensioni internazionali, essendo considerato dagli investitori un “safe asset”.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


