Sono molti i contribuenti coinvolti dalle recenti novità normative e dai meccanismi di aggiornamento della rivalutazione delle pensioni. In particolare, le pensioni più alte risultano penalizzate in percentuale rispetto al tasso di inflazione.
Si parla di scaglioni, progressività e altri criteri tecnici che influenzano l’adeguamento. L’aumento delle pensioni in base all’inflazione è un meccanismo che spesso cambia, seguendo logiche diverse a seconda delle scelte governative. Nel 2026, però, tutto dovrebbe restare invariato, mantenendo l’attuale sistema a tre fasce.
Rivalutazione pensioni a quota, aumenti diversi e regole per il 2025 e per il 2026
Il 2025 è stato un anno ricco di aggiornamenti per quanto riguarda la perequazione delle pensioni legata all’aumento del tasso di inflazione.
La rivalutazione è un diritto dei pensionati, che consente all’INPS di preservare il potere d’acquisto dei trattamenti erogati.
Un sistema virtuoso, almeno nelle intenzioni, nato per tutelare i pensionati dagli effetti dell’inflazione, anche se — come vedremo — non sempre efficace.
L’obiettivo è adeguare gli assegni pensionistici alle variazioni del costo della vita, proteggendo così i trattamenti pensionistici dall’aumento dei prezzi che l’ISTAT certifica ogni anno.
Nel 2025, l’inflazione provvisoria è stata dichiarata allo 0,8%, e di conseguenza i trattamenti pensionistici sono aumentati in misura corrispondente. Tuttavia, con l’inflazione definitiva attestata all’1%, i pensionati dovranno ricevere un conguaglio per l’intero anno. Ciò che conta, però, è che la rivalutazione non è uguale per tutti.
Infatti, a causa delle tre fasce introdotte, le pensioni più alte subiscono una rivalutazione ridotta. In pratica, mentre per i trattamenti fino a una determinata soglia si applica una rivalutazione piena, per gli altri l’inflazione viene recuperata solo in parte, con una conseguente perdita di potere d’acquisto.
La rivalutazione delle pensioni e perché ci sono quote di pensione penalizzate
La percentuale di rivalutazione non si applica uniformemente: solo i trattamenti fino a quattro volte il minimo INPS beneficiano del 100% della rivalutazione.
Per gli importi superiori, si introducono delle riduzioni progressive:
- 100% della rivalutazione per pensioni fino a 4 volte il minimo;
- 90% della rivalutazione per pensioni tra 4 e 5 volte il minimo;
- 75% della rivalutazione per pensioni oltre 5 volte il minimo.
Non è necessario presentare alcuna richiesta per ottenere la rivalutazione: l’INPS provvede automaticamente all’aggiornamento degli importi, una volta approvato il decreto governativo.
Nel 2025, l’aumento dello 0,8% ha portato il trattamento minimo a 603,40 euro al mese.
Una pensione pari a 5 volte il trattamento minimo equivale a 3.017 euro lordi mensili. In questo caso, la rivalutazione dello 0,8% si applica solo sulla quota fino a circa 2.413 euro. Sulla parte eccedente, si applica il 90% dello 0,8%, ovvero un incremento dello 0,72%. E se la pensione è ancora più alta, la parte eccedente 5 volte il minimo subisce un’ulteriore riduzione: si applica il 75% dello 0,8%, pari a un aumento dello 0,60%.
Tra arretrati e aumenti, ecco le conclusioni sulla perequazione
Se, sulla base dell’attuale tasso di inflazione, le penalizzazioni sembrano contenute, va ricordato che in passato le differenze erano molto più marcate. Questo sia per via di tassi di inflazione ben più elevati, sia per un meccanismo più severo, che penalizzava ancor di più le pensioni più alte.
Nel dettaglio: nel 2024 l’inflazione è stata dell’1% (con tasso provvisorio allo 0,8%), ma nel 2023 fu del 5,4% e nel 2022 addirittura dell’8,1%.
Attualmente, molti pensionati, in base alla rivalutazione definitiva dell’1%, risultano a credito dello 0,2% per tutti i mesi del 2025, a partire da gennaio.
In passato, però, il sistema era più penalizzante: oltre al fatto che le percentuali erano inferiori, non si applicavano per fasce, ma sull’intero importo della pensione. Le aliquote erano le seguenti:
- 100% della rivalutazione per pensioni fino a 4 volte il minimo;
- 85% per pensioni tra 4 e 5 volte il minimo;
- 53% per pensioni oltre 5 e fino a 6 volte il minimo;
- 47% per pensioni oltre 6 e fino a 8 volte il minimo;
- 37% per pensioni oltre 8 e fino a 10 volte il minimo;
- 22% per pensioni oltre 10 volte il minimo.