Si torna a parlare di truffe che svuotano i conti correnti e stavolta l’attenzione è tutta per quella dello spoofing.

Si tratta di messaggi che arrivano sul cellulare che sono identici a quelli della propria banca. In realtà, però, sono finti per cui gli ignari clienti finiscono nel mirino di persone senza scrupoli.

Un ultimo caso riguarda quello di una donna siciliana che, vittima di tale truffa, ha perso novemila euro. La sua storia, però, è a lieto fine perché è riuscita a ottenere il risarcimento.

Molti altri, invece, non solo ricevono un grave danno economico ma non possono fare nulla per ricevere il denaro perso. Come difendersi allora? Sia Poste Italiane che le banche più volte hanno ribadito di non chiedere mai dati sensibili attraverso e-mail e messaggi. Se essi vengono invece richiesti deve subito scattare un campanello d’allarme.

Cos’è la truffa dello spoofing, come individuarla

Con il termine spoofing si intende l’intrusione nel computer o nella rete simulando un’identità non reale e non attendibile. Si compie mediante l’invio di e-mail o messaggi contraffatti che falsificano Ip, nomi e indirizzi.

La vittima crede che il messaggio sia stato inviato da una fonte affidabile e così fornisce dati sensibili e informazioni riservate come nel caso della signora siciliana. La donna aveva ricevuto un sms che sembrava provenire dall’account “Posteinfo” che è il nome che Postepay Spa utilizza per le comunicazioni. In realtà si trattava però di una truffa, come comunica Confconsumatori.

La signora è quindi caduta nel tranello e ha perso circa 9000 euro. Si è accorta di ciò, però, solo quando al Pos le è stato negato un pagamento di pochi euro.

Si è quindi rivolta alla Confconsumatori che a sua volta ha posto il caso all’attenzione dell’Arbitro Bancario Finanziario. Dall’analisi del caso si è evinto che i prelievi a danno della risparmiatrice sono stati in tutto 42 eseguiti con la Postepay collegata alla app sullo smartphone della sfortunata signora.

L’Arbitro Bancario Finanziario ha dato ragione alla signora perché Postepay non ha adeguatamente offerto al cliente delle misure atte a scongiurare condotte fraudolente.

La sentenza

Nel formulare la sentenza, l’Abf ha citato il decreto legislativo numero 11 del 2010 poi modificato con il 218/2017 che impone a poste e banche di assicurare strumenti tali da assicurare che le credenziali di sicurezza non siano accessibili ad altre persone. E inoltre di verificare l’identità di chi esegue le operazioni.

Dato che tali sistemi risultavano assenti, l’Istituto è stato condannato a risarcire la cifra alla signora. Per gli avvocati della Confconsumatori si tratta di una pronuncia importante per chi ha subito truffe come quella capitata alla sventurata.

C’è però un problema in merito alle vittorie che si ottengono con l’Abf. Gli intermediari, infatti, spesso si rifiutano di adempiere a tali decisioni in quanto esse non sono vincolanti. La reputazione di tali intermediari (siano essi poste o banche), però, si macchia per cui sarebbe sempre meglio rispettarle per preservare la propria immagine di fronte ai clienti.

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