Truffa buoni fruttiferi postali: sfumati i risparmi di una vita, operazioni in tutta Italia

Un’inchiesta che parte dalla Procura di Napoli: persone molto anziane o residenti all’estero perdono tutto. Tutto sulla truffa dei buoni postali.

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Buoni fruttiferi postali e Btp a 20 anni.

Quarantasei persone in arresto e tredici ai domiciliari per la maxi truffa sui buoni fruttiferi postali e sugli assegni circolari. Tra le persone coinvolte, come sottolinea il quotidiano avellinese Ottopagine, figurano anche vari dipendenti delle Poste. Non è la prima volta che assistiamo a un tentativo di raggiro sui bfp. In questo caso, però, si tratta di un’organizzazione che agiva su tutto il territorio nazionale, coordinandosi a distanza. Il ruolo determinante sembra sia stato proprio quello degli impiegati delle Poste. Questi ultimi grazie alla possibilità di accedere agli archivi informatici potevano fornire i nominativi delle persone più facilmente truffabili, anziani e residenti all’estero, titolari di buoni fruttiferi postali in lunga giacenza o che avevano emesso vaglia postali di grande valore.
Molte persone hanno visto sfumare i risparmi accumulati in una vita di lavoro e sacrifici.

La truffa dei bfp

La strategia di truffa dei buoni fruttiferi postali sembra essere consolidata.

Innanzitutto, i dipendenti di Poste Italiane fornivano i nominativi dei “truffabili”. Dopodiché, intervenivano altre figure che clonavano i bfp o i vaglia. Infine, i medesimi impiegati compiacenti permettevano ai propri complici di incassare denaro. Questo perché si sostituivano ai legittimi titolari e beneficiari utilizzando documenti falsi. I sodalizi criminali avrebbero messo a segno almeno 60 truffe grazie alla collaborazione di impiegati interni alle Poste. Immediatamente sono fioccate le denunce da parte dei clienti raggirati e così le organizzazioni hanno avuto vita breve.

Non solo la truffa dei buoni fruttiferi postali

Ma non è tutto. Un’altra truffa ha riguardato invece gli assegni circolari, altro prodotto finanziario molto “delicato”. Le indagini hanno preso le mosse da alcune compravendita di auto di lusso: alcuni degli indagati si fingevano acquirenti e si facevano inviare mediante foto su Whatsapp il libretto di circolazione, che veniva clonato.

A quel punto, venivano pubblicati sul web annunci di vendita relativi alle vetture e l’acquirente veniva invitato a inviare una foto dell’assegno circolare con cui avrebbe pagato e con la cifra di acconto.
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