Quasi tutte le forze politiche concordano sulla necessità di ridurre i prezzi del pellet mediante un intervento sull’IVA. Da destra a sinistra l’unica eccezione è rappresentata da Sinistra Italiana e Verdi, e le ragioni sono di carattere ambientale. Si tratterebbe di un intervento volto ad aiutare gli italiani in un periodo di grande difficoltà dovuta alla crisi energetica.

Ridurre l’IVA dal 22% al 5% permetterebbe infatti un risparmio abbastanza importante sugli approvvigionamenti. Il problema fondamentale è rappresentato dal reperimento delle coperture economiche.

Gli emendamenti rappresentati sono simili, quello che cambia è appunto la richiesta di fondi specifici.

Emendamenti per ridurre i prezzi del pellet

Gli emendamenti alla Legge di Bilancio, in vista della riduzione dei prezzi del pellet mediante la riduzione dell’IVA dal 22% al 5%, prevedono che gli investimenti pubblici siano a carico del ‘Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione’. Si tratta di un fondo dello Stato che non ha vere e proprie finalità, ma che viene utilizzato per gli emendamenti. L’aumento delle risorse per il fondo è stato notevole, passando da 25 a 400 milioni di euro. Il vero problema è quanto costerà ai contribuenti questa possibile riduzione dell’IVA sul pellet, ed è il punto in cui le differenti forze politiche sono in disaccordo.

Il Partito Democratico ha presentato due emendamenti, nei quali la spesa è calcolata nella misura di 50 e di 90 milioni di euro, mentre per il Movimento 5 Stelle la cifra dovrebbe essere almeno di 200 milioni di euro per il 2023 e il 2024. I deputati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia chiedono infine un intervento di 160 milioni di euro. La Gribaudo del Partito Democratico ha chiesto di includere il pellet e la legna da ardere nelle detrazioni Irpef del 19%, come per le spese sanitarie.

Le polemiche sul possibile taglio dell’IVA

La notizia degli emendamenti in vista del taglio dell’IVA per ridurre i prezzi del pellet ha suscitato la risposta polemica di Medici per l’Ambiente, un’associazione che ha presentato a marzo uno studio europeo sui costi sanitari dovuti all’inquinamento.

L’Italia ha un triste primato, è il primo paese per costi sanitari connessi al riscaldamento, soprattutto a causa di camini e stufe a pellet. La spesa sanitaria in Italia per malattie prodotte da inquinamento per riscaldamento è di oltre 4 miliardi di euro. La richiesta è quella di dirottare gli investimenti sulle pompe di calore e su altri sistemi che sfruttano le rinnovabili.

L’associazione ‘Cittadini per l’aria’ riporta alcuni dati del rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente del 2020 dove si sottolinea un altro triste primato dell’Italia.

È il paese con il più alto tasso di mortalità dovuto agli inquinanti nell’aria e potrebbe essere sanzionato per la violazione dei limiti consentiti a norma di legge sulla presenza di particolato nell’aria. La domanda è sempre la stessa: perché in Italia si investe su fonti di energia inquinanti e non si incentiva il passaggio alle rinnovabili?

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