In data 3 settembre 2020 sono state pubblicate nuove decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario anche in merito ai buoni fruttiferi postali. Nel dettaglio la parte ricorrente, titolare di un buono postale delle serie Q/P di 100 mila lire emesso in data 18 agosto 1989, ha contestato il mancato rispetto da parte dell’intermediario dei rendimenti indicati dietro al titolo dal ventunesimo al trentesimo anno. Ecco le info in merito e la decisione del Collegio di Milano N. 10444 del 11 giugno 2020, ecco il link.

La richiesta del risparmiatore e le controdeduzioni dell’intermediario

Il risparmiatore che ha presentato il ricorso all’Abf lo ha fatto perché l’intermediario non ha voluto rispettare il giusto calcolo del valore di quel titolo nonostante sul retro di esso si trovasse una tabella con gli importi precisi oltre ai tassi di interesse dal ventunesimo al trentesimo anno.

L’intermediario nelle sue controdeduzioni ha spiegato che i buoni in oggetto, che al momento della sottoscrizione avevano apposto il timbro Q/P con le relative condizioni, appartenevano alla serie Q istituita con il Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986. Il rendimento di tale serie, quindi, prevedeva un interesse composto per i primi venti anni con ripartizione in scaglioni quinquennali a tasso crescente ed un importo bimestrale dal ventunesimo al trentesimo anno calcolato in base al tetto massimo raggiunto al ventesimo anno.

L’intermediario ci ha tenuto poi a sottolineare che per il rilascio dei titoli della serie Q ha utilizzato anche i moduli della serie P apponendo sul davanti e sul didietro i timbri previsti dalla normativa. In particolare l’intermediario ha comunicato che il DM stabiliva di apporre dietro al buono fruttifero postale un timbro con le indicazioni dei nuovi tassi e non anche l’importo da corrispondersi ogni due mesi dal ventunesimo al trentesimo anno. Il sistema di calcolo per questi ultimi (interesse semplice) restava inalterato perché basato sul massimo tasso di interesse raggiunto e quindi del 12% come indicato nel timbro e non del 15% come era previsto per la serie P che non era più in emissione.

La decisione del Collegio di Milano

Il Collegio di Milano ha rilevato che il buono, oggetto della diatriba, era stato emesso dopo l’entrata in vigore del Dm (13 giugno 1986) ed esattamente il 18 agosto 1986 e che esso era stato emesso su un modulo della serie P. Sul davanti però c’era il timbro di variazione con la dicitura serie Q/P mentre dietro la tabella stampata sul cartaceo originale riportava i tassi di rendimento della serie Q/P. Per gli anni dal ventunesimo al trentesimo sul retro compariva invece la seguente scritta “più lire 25.815 per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30° anno solare successivo a quello di emissione“.

Il Collegio, quindi, nel caso di specie ha constato che dietro al titolo era stato apposto un timbro con i nuovi rendimenti rispetto alla tabella originaria stampata a tergo. Il problema però è che non vi era alcuna indicazione specifica del tasso di interesse per il periodo dal ventunesimo al trentesimo. Per il Collegio, quindi, l’unico riferimento al rendimento del titolo per il periodo indicato restava quello indicato chiaramente nella postilla in calce alla tabellina degli interessi concordati e stampata dietro al buono.

Per tali motivi il Collegio ha accolto il ricorso e disposto che l’intermediario applichi le condizioni riportate sul retro del titolo per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno,al netto delle ritenute fiscali.

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