Per andare in pensione bisogna lavorare, perché solo attraverso l’attività lavorativa e il versamento dei contributi si possono raggiungere i requisiti previsti dalle varie misure previdenziali. Parliamo appunto di misure previdenziali, perché senza contributi si accede solo a prestazioni che l’INPS eroga in base al reddito: si tratta, in questo caso, di misure assistenziali.
Per le prestazioni previdenziali, oltre al requisito anagrafico, occorre sempre raggiungere il requisito contributivo. La soglia di contributi necessari non è derogabile. Con il lavoro si maturano i contributi che alimentano il montante contributivo, determinando sia l’ammontare della pensione sia il diritto ad accedervi.
Tuttavia, il requisito contributivo non sempre si raggiunge esclusivamente con i versamenti effettivi: esistono soluzioni alternative che consentono di maturare contributi anche in periodi di non lavoro.
Requisiti pensioni, ecco come arrivarci senza lavorare per forza
Per andare in pensione, i requisiti contributivi devono essere completati. Vale per la pensione di vecchiaia, che richiede 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi, ma anche per tutte le altre formule di pensionamento anticipato:
- Ape Sociale → 30 o 36 anni di contributi;
- Scivolo usuranti e Opzione donna → 35 anni;
- Pensione anticipata contributiva → 42 anni e 10 mesi;
- Quota 41 per i precoci e Quota 103 → 41 anni;
e così via.
In linea generale, valgono anche i contributi figurativi, cioè quelli accreditati in periodi di non lavoro come: disoccupazione indennizzata (NASpI), malattia, cassa integrazione, maternità, servizio militare o civile. Spesso questi contributi non servono per maturare il diritto alla pensione anticipata, ma risultano comunque utili in molte altre circostanze.
Ecco la Pace Contributiva per recuperare contributi utili ai requisiti per la pensione
Un esempio di strumento per colmare i “vuoti” è il riscatto della laurea.
Durante gli anni di studio non si versano contributi, ma con il riscatto è possibile trasformare fino a 5 anni di università in contributi utili alla pensione.
Il requisito fondamentale è aver conseguito effettivamente il titolo. Oltre al riscatto ordinario ed agevolato, si discute anche di un possibile riscatto agevolato per la scuola, con una tariffa fissa di circa 900 euro per anno. In ogni caso, riscattare significa pagare un corrispettivo per rendere utili quei periodi ai fini pensionistici.
Analogo è il meccanismo della Pace Contributiva. Chi ha il primo versamento dopo il 31 dicembre 1995 può riscattare fino a 5 anni di periodi scoperti. Cioè senza alcuna contribuzione né figurativa né effettiva. Anche qui si tratta di un riscatto oneroso, con oneri a carico del contribuente.
Le maggiorazioni consentono di arrivare allo stesso obiettivo
Oltre a riscatti e Pace Contributiva, ci sono anche le maggiorazioni contributive, strumenti gratuiti che permettono di incrementare l’anzianità utile al diritto alla pensione:
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chi ha iniziato a versare contributi prima dei 18 anni, può vedersi valorizzati quei periodi 1,5 volte;
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chi lavora dopo aver ottenuto il riconoscimento di una invalidità civile pari almeno al 74%, ha diritto a 2 mesi di contributi figurativi aggiuntivi per ogni anno di lavoro successivo al verbale della commissione medica.
A differenza dei riscatti, le maggiorazioni non aumentano l’importo della pensione, ma consentono di raggiungere prima i requisiti contributivi.
In sintesi, mentre il riscatto della laurea e la Pace Contributiva comportano un costo a carico del lavoratore, le maggiorazioni sono gratuite. E rappresentano un aiuto importante per colmare carriere contributive altrimenti insufficienti.