Con un debito pubblico vicino ai 3.100 miliardi di euro e sopra al 135% del Pil, la valorizzazione degli asset statali diventa un must per l’Italia. E i miglioramenti dei rating di questi mesi ci spronano ad andare in questa direzione per smaltire l’enorme peso che gli interessi hanno sul bilancio pubblico. Il governo Meloni lo ha scritto nero su bianco: 20 miliardi di euro in tre anni grazie alle privatizzazioni. E in queste settimane il suo ministro dell’Economia starebbe immaginando la privatizzazione niente di meno che della Zecca dello Stato.
Dal conio di monete all’innovazione digitale
L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha una storia che risale agli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia. Si occupò fino al 2001 di stampare banconote e monete in lire italiane, mentre dal 2002 produce monete in euro. Questo è il suo “core” business, anche se negli ultimi anni sta diversificando le attività per puntare sull’innovazione digitale: stampa di carte d’identità, passaporti e patenti europee.
Vendita di PagoPa vicina
Presto, la Zecca dello Stato potrebbe rilevare il 51% di PagoPa, la società di gestione dei pagamenti per la Pubblica Amministrazione e ad oggi controllata al 100% dal Tesoro. Il restante 49% verrebbe acquisito da Poste Italiane. Questa operazione andrebbe ad arricchire le attività dell’istituto. Già i suoi bilanci sono solidi. Nel 2024 i ricavi ammontavano a 613 milioni e l’utile netto a 152,5 milioni, di cui 144,8 milioni elargiti allo stato in forma di dividendo.
In virtù di questi numeri il Tesoro punterebbe alla privatizzazione della Zecca dello Stato. Parziale s’intende, dato che resterebbe in possesso di una quota maggioritaria. Quanto varrebbe sul mercato? Noi abbiamo fatto un calcolo elementare. Se fosse quotata Piazza Affari, stando al multiplo medio di 13 volte gli utili, la capitalizzazione sfiorerebbe i 2 miliardi. Cedendone il 50%, lo stato incasserebbe poco meno di 1 miliardo. E gli utili passati potrebbero risultare conteggiati per difetto rispetto alle potenzialità future. Espandendo il business nell’ambito digitale e assicurandosi il controllo di PagoPa, il valore di mercato salirebbe.
Non solo Zecca dello Stato
Non c’è solo la privatizzazione della Zecca dello Stato in agenda. Il 29,3% in mano a Poste dovrebbe in parte essere ceduto, facendo sì che lo stato continui a possedere più del 50% con il 35% in mano a Cassa Depositi e Prestiti. La discesa possibile fino a circa il 14% renderebbe ai prezzi attuali quasi 4 miliardi. E meno male che il governo si è preso del tempo per vendere, visto che in un anno il titolo è balzato a Piazza Affari di oltre il 56%.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

