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Oggi: 05 Dic, 2025

Il peso dei salari sul Pil è cresciuto e traina le entrate fiscali

Il peso dei salari rispetto al Pil è cresciuto da prima della crisi finanziaria mondiale del 2008 e sostiene le entrate fiscali.
2 mesi fa
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Il peso dei salari cresce
Il peso dei salari cresce © Licenza Creative Commons

Il miglioramento delle entrate fiscali oltre le previsioni ha consentito al governo di Giorgia Meloni di abbassare l’obiettivo sul deficit al 3% del Pil per quest’anno dal 3,3% di aprile. Un dato che potrebbe accelerare l’uscita dell’Italia dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo dell’Unione Europea. Per quanto possa sembrare strano, abituati come siamo a parlare giustamente di bassi stipendi dei lavoratori, proprio l’accresciuto peso dei salari starebbe trainando l’aumento del gettito fiscale.

Peso dei salari risale dai primi anni 2000

Storicamente, guardando ai redditi l’incidenza più alta sul Pil si ebbe a metà degli anni Settanta, quando raggiunse il 48%. Il minimo dal 1960 venne toccato nei primi anni Duemila al 37-38%. L’anno scorso la massa salariale lorda, ossia comprensiva di contributi previdenziali e imposte, risaliva al 39,4%.

Nell’ultimo anno prima della crisi finanziaria mondiale, vale a dire il 2007, stava al 38%. In valori assoluti, una crescita di 250 miliardi.

Stipendi pubblici in retromarcia

C’è una componente della massa salariale che ha avuto il freno a mano tirato: gli stipendi pubblici. Ammontavano a circa 158 miliardi nel 2007, mentre lo scorso anno salivano a 196 miliardi. Sono scesi dal 9,8% all’8,9% del Pil. E la loro incidenza sulla massa complessiva è diminuita dal 25,8% al 22,6%. Una crescita in termini nominali del 24,2% contro il 40,5%. In pratica, la Pubblica Amministrazione pesa meno di un tempo sul totale delle buste paga dei dipendenti in Italia.

Dovete considerare che nel periodo 2008-2024 l’inflazione italiana è stata del 35,4% cumulato. Questo significa che gli stipendi pubblici sono crollati di oltre l’11% in termini reali, mentre la massa degli stipendi nel complesso di circa il 5%.

Escludendo la componente pubblica, il settore privato ha visto lievitare le retribuzioni lorde del 49,4%, cioè del 14% al netto dell’inflazione. Va tenuto conto, però, che il numero medio degli occupati dipendenti è salito dai 16,9 milioni nel 2007 ai 18,9 del 2024. Questo riduce l’incremento medio reale a poco più di zero.

Impatto su entrate fiscali

Perché il maggiore peso dei salari traina le entrate fiscali? I redditi da lavoro dipendente incidono per la metà del gettito complessivo, cioè in misura proporzionalmente superiore sull’economia italiana. Ciò si deve al fatto che siano tassati con aliquote progressive e che sfuggire al fisco per i lavoratori sia molto complicato, a differenza di una partita IVA che può decidere di rischiare non fatturando quanto dovrebbe.

L’aumento degli occupati ha contribuito, quindi, a generare entrate fiscali crescenti rispetto al Pil. Ecco spiegata la ragione essenziale dell’aumentata pressione fiscale nel 2024 per l’1,3%. Non c’è stato un aumento delle imposte, bensì del loro gettito. Questi è stato accresciuto anche dal fenomeno noto come “drenaggio fiscale“, frutto di inflazione e aliquote progressive.

Non si può puntare sull’occupazione per stimolare la crescita economica, semmai vale l’inverso. L’aumento dei lavoratori dipendenti è senz’altro una buona notizia, ma sul piano macroeconomico può frenare il Pil senza una sua crescita altrettanto veloce.

Quando ciò non accade, la produttività ristagna o persino diminuisce e ciò ha contraccolpi sulla crescita. Per questo i salari restano al palo, malgrado il netto miglioramento del mercato del lavoro.

Peso dei salari più basso in Italia

Che il peso dei salari in Italia sia relativamente basso, lo segnalano i dati europei. La media UE è stata del 47,9% nel 2024, mentre nell’Eurozona sale al 48,5%. In Francia arriva sopra il 60%, una delle percentuali più alte al mondo. Tanta differenza, però, non è dovuto tanto alle maggiori retribuzioni lorde. Incide la più alta occupazione, che in media si attesta sopra il 70% nel continente, mentre in Italia si ferma sotto il 63%.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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