Pensioni: i casi strani quando si parla di contributi figurativi

In quali casi la contribuzione figurativa non vale come gli altri contributi per andare in pensione o per il calcolo della pensione.
1 mese fa
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Quando un lavoratore si avvicina alla pensione, deve utilizzare la contribuzione previdenziale versata all’INPS per raggiungere il numero di anni richiesto dalla misura pensionistica scelta. Questo vale sia per le pensioni anticipate, dove il numero di anni di contributi richiesto è sempre elevato, sia per le pensioni di vecchiaia, che ad esempio richiedono solo 20 anni di contributi.

Ma tutta la contribuzione versata è valida? O ci sono dei limiti specifici? Il dubbio riguarda soprattutto i contributi figurativi, su cui molti lavoratori hanno perplessità. Infatti, la contribuzione figurativa riportata nell’estratto conto contributivo non è sempre utilizzabile ai fini pensionistici. In alcuni casi, i contributi si sovrappongono ad altri nello stesso periodo, oppure non sono validi per determinate misure pensionistiche.

Pensioni: i casi strani quando si parla di contributi figurativi

I contributi figurativi sono, in genere, accrediti previdenziali relativi a periodi non lavorativi. Si tratta di contributi gratuiti, versati a favore del contribuente da parte dell’ente erogatore di un ammortizzatore sociale o di un sussidio. Un esempio tipico è l’accredito figurativo riconosciuto dall’INPS a chi percepisce l’indennità di disoccupazione.

Rientrano tra i contributi figurativi anche quelli riconosciuti per:

  • servizio militare;
  • maternità;
  • malattia;
  • cassa integrazione;
  • permessi Legge 104;
  • congedo straordinario per assistenza disabili;
  • donazione sangue;
  • aspettativa per cariche pubbliche o sindacali.

È importante sottolineare che non tutti i contributi figurativi sono validi per raggiungere le soglie di accesso al pensionamento. Tuttavia, in linea generale, sono validi sia per il diritto (cioè il raggiungimento dei requisiti minimi per andare in pensione) sia per la misura (cioè per il calcolo dell’importo della pensione).

Per quanto riguarda mobilità, disoccupazione e cassa integrazione, l’accredito figurativo è automatico e viene effettuato d’ufficio dall’INPS.

Per le altre tipologie, invece, è il lavoratore a dover richiederne il riconoscimento.

I casi strani sulle pensioni quando si parla di contributi figurativi

Sebbene i contributi figurativi siano spesso validi, ci sono casi particolari che possono avere effetti imprevisti. Un esempio emblematico è quello del contribuente che intende accedere a misure riservate ai contributivi puri, come la pensione anticipata a 64 anni con almeno 20 anni di contributi.

Questa pensione è accessibile solo se:

  • l’importo dell’assegno è pari o superiore a tre volte l’assegno sociale;
  • il primo contributo è stato versato dopo il 31 dicembre 1995;
  • (in alcuni casi) sono previste agevolazioni per le donne con figli.

Ma attenzione: se il lavoratore ha riscattato un anno di servizio militare o un altro contributo figurativo riferito a periodi anteriori al 1996, perde lo status di contributivo puro. Di conseguenza, non potrà più accedere alla pensione a 64 anni, ma dovrà attendere i 67 anni per andare in pensione con i requisiti ordinari.

Il calcolo del trattamento è influenzato dai figurativi

Un altro aspetto spesso sottovalutato è che i contributi figurativi possono incidere negativamente sul calcolo dell’importo della pensione.

Questo accade perché i periodi coperti da contributi figurativi hanno un valore inferiore rispetto a quelli derivanti da retribuzioni effettive. Ad esempio, se negli ultimi anni di carriera il lavoratore ha percepito la Naspi (indennità di disoccupazione), il relativo accredito figurativo può abbassare la media retributiva.

Per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, la parte retributiva della pensione si calcola sulla media delle ultime cinque annualità di retribuzione. Se in questo quinquennio ci sono periodi coperti da Naspi o altri contributi figurativi a basso valore, l’importo finale della pensione sarà più basso.

Proprio per questo l’INPS mette a disposizione uno strumento per escludere dal calcolo questi periodi, se penalizzanti.

A volte non tutto si può usare, ecco i limiti delle misure distaccate dall’età

Esistono infine limitazioni specifiche per alcune misure non legate all’età anagrafica, come la pensione anticipata ordinaria o la Quota 41 per lavoratori precoci. Queste misure richiedono un numero elevato di anni di contributi (oltre 40 anni), ma non prevedono requisiti anagrafici.

In questi casi, però, è obbligatorio rispettare il vincolo della contribuzione effettiva. Per esempio:

  • per la Quota 41, almeno 35 dei 41 anni devono essere contributi effettivi;
  • per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne), 35 anni devono essere privi di malattia o disoccupazione.

Ciò significa che i contributi figurativi da malattia o disoccupazione non possono essere utilizzati per quei 35 anni di contribuzione effettiva.

In pratica, se un lavoratore ha 41 anni di versamenti di cui più di 6 anni figurativi da disoccupazione o malattia, non potrà ancora accedere alla Quota 41. Lo stesso vale per la pensione anticipata ordinaria.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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