Sarà che, in base al programma televisivo che si guarda o al quotidiano che si legge, le opinioni su ciò che il governo fa o intende fare cambiano radicalmente. Ma ci sono provvedimenti che le opposizioni reputano irrilevanti o potenzialmente dannosi, perché, a loro dire, puntano nella direzione sbagliata.
Per esempio, la flat tax è stata duramente contestata. Oggi, invece, le opposizioni puntano sul salario minimo per i lavoratori, mentre il governo concentra l’attenzione su uno dei suoi storici cavalli di battaglia: la riforma del fisco.
Ed è proprio nell’ambito di questa riforma che, secondo l’esecutivo, per i pensionati potrebbero arrivare fino a 120 euro al mese in più.
Ma pochi ne parlano, o forse pochi comprendono davvero cosa significhi un intervento fiscale sulle pensioni. Spesso, anche chi scrive di questi temi commette errori o propone calcoli poco chiari, che non rendono giustizia all’impatto della riforma come la sta progettando il governo Meloni.
La riforma del fisco e il nuovo IRPEF: cosa cambia davvero
La riforma del fisco prevede un completo restyling dell’IRPEF, l’imposta che grava su tutti i percettori di reddito. Un primo segnale lo si è avuto già lo scorso anno, quando gli scaglioni IRPEF sono stati ridotti da quattro a tre.
Nel dettaglio, il primo scaglione è rimasto invariato con un’aliquota del 23% per i redditi fino a 15.000 euro. La novità è arrivata per il secondo scaglione, che è stato accorpato al primo. Così, anche i redditi compresi tra 15.000 e 28.000 euro, che prima erano tassati al 25%, sono ora soggetti al 23%.
Arrivano 120 euro in più al mese sulle pensioni: ecco per chi
Per comprendere pienamente l’impatto della riforma, è importante sapere come funziona l’IRPEF, inclusa l’applicazione ai redditi da pensione.
Ogni scaglione ha una propria aliquota, cioè la percentuale di IRPEF da versare sul reddito imponibile. L’aliquota si applica fino al limite massimo previsto per quello specifico scaglione.
Essendo l’IRPEF una tassa progressiva, gli scaglioni più alti prevedono aliquote più elevate, ma solo sulla parte di reddito che supera il tetto dello scaglione precedente.
Per esempio, un pensionato con una pensione annua di 28.000 euro paga il 23% su tutto il reddito. Se invece percepisce 30.000 euro, i 2.000 euro eccedenti sono tassati al 35%, poiché rientrano nel secondo scaglione, rimasto invariato dopo la riforma del 2024. Lo stesso vale per la parte di reddito oltre 50.000 euro, che continua a essere tassata al 43%, ovvero l’aliquota del terzo scaglione.
Aumentano i trattamenti con 120 euro aggiuntivi ogni mese: ecco gli effetti della riforma fiscale sulla pensione
Con il primo intervento sull’IRPEF, il governo ha alleggerito la pressione fiscale sui redditi — e quindi sulle pensioni — fino a 28.000 euro. Ora, il nuovo progetto (ancora in fase di definizione) prevede:
- una riduzione dell’aliquota del secondo scaglione;
- un innalzamento del limite massimo dello stesso.
Si tratta di un intervento mirato a favorire il ceto medio, dunque i pensionati con trattamenti superiori a 28.000 euro.
Ad esempio, per chi percepisce una pensione annua di 50.000 euro, passare dal 35% al 33% di prelievo fiscale significherebbe un risparmio di 440 euro all’anno.
Ma la parte più interessante riguarda la proposta di innalzare il tetto del secondo scaglione da 50.000 a 60.000 euro. In questo scenario, l’aliquota massima del 43% si applicherebbe solo sulla quota eccedente i 60.000 euro. Mentre la parte compresa tra 50.000 e 60.000 euro sarebbe tassata al 33% invece che al 43%.
Su quei 10.000 euro, si avrebbe quindi una riduzione dell’aliquota di 10 punti percentuali, con un risparmio fiscale di 1.000 euro.
In totale, sommando i 440 euro di risparmio precedenti, si otterrebbe un vantaggio complessivo di 1.440 euro all’anno, ovvero 120 euro al mese in più nella pensione netta.