Lavorare per poi andare in pensione: questa è la regola principale di ogni sistema previdenziale. Non esiste pensione per chi non lavora e non versa contributi, almeno nel senso stretto del termine. A determinate condizioni reddituali, il sistema previdenziale italiano riconosce comunque trattamenti assistenziali a chi non ha mai versato contributi né maturato il diritto alla pensione.
Resta il fatto che, per ottenere una pensione, i contributi sono indispensabili. Tra le diverse novità sulle pensioni, ve ne sono alcune strettamente collegate alle regole contributive della prestazione. Perché sì: per andare in pensione in anticipo serve anche aver percepito stipendi di un certo livello.
Ma come? Non eravamo nel sistema contributivo, dove le pensioni sono calcolate esclusivamente sull’ammontare dei contributi versati? La domanda è lecita. Nel sistema contributivo, infatti, il calcolo della pensione si basa solo sul montante contributivo, non sulle retribuzioni. Tuttavia, una cosa è il calcolo, un’altra è il diritto alla pensione. E per accedere in anticipo, quel diritto richiede spesso buste paga rilevanti.
Novità pensioni in anticipo: ma dipende dalla busta paga, ecco perché
Con requisiti che diventano sempre più severi — ne è prova l’aumento dell’età pensionabile dal 2027 — andare in pensione in anticipo è sempre più difficile. L’aumento di 3 mesi nel biennio 2027-2028 è una delle novità negative.
Eppure, alcune misure consentono ancora l’anticipo pensionistico, soprattutto per chi rientra interamente nel sistema contributivo, avendo il primo accredito dopo il 1995. Per loro, l’uscita è possibile a 64 anni, con soli 20 anni di contributi versati.
C’è però un requisito aggiuntivo fondamentale: la pensione deve avere un importo non inferiore a 3 volte l’assegno sociale.
Significa superare i 1.600 euro al mese, per lasciare il lavoro circa tre anni prima dell’età pensionabile ordinaria.
Ed ecco perché entra in gioco la busta paga: nel sistema contributivo, anche se le retribuzioni non incidono sul calcolo finale, determinano l’ammontare dei contributi versati.
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Stipendio basso → contributi bassi → montante insufficiente → niente pensione a 64 anni
È una regola che non riguarda tutti, ma rappresenta perfettamente l’esempio della pensione anticipata contributiva.
Buste paga, rendite da pensione integrativa e poi?
Per ottenere la pensione a 64 anni, l’importo non può essere inferiore a tre volte l’assegno sociale. Per le lavoratrici madri, la soglia è ridotta:
- 2,8 volte l’assegno sociale con un figlio
- 2,6 volte con due o più figli
Ma il punto non cambia: per maturare una pensione così elevata con appena 20 anni di contributi servono retribuzioni consistenti.
Un dipendente del FPLD versa il 33% della retribuzione al montante contributivo.
Esempio:
- stipendio 1.500 €/mese → contributi < 500 €/mese
- con questi versamenti, arrivare a un montante di circa 450.000 euro, necessario per una pensione da 1.600 euro/mese, è impossibile.
La novità introdotta nel 2025, ovvero l’utilizzo della previdenza integrativa per colmare la soglia, può aiutare solo chi ha almeno 25 anni di contributi e ha accumulato un capitale significativo nel fondo pensione.
Ma chi ha stipendi bassi difficilmente ha potuto permettersi versamenti aggiuntivi alla pensione integrativa.
Pensioni solo a 71 anni di età, ecco chi corre il rischio
Non è solo la pensione anticipata a prevedere una soglia minima per i contributivi puri.
Anche la pensione di vecchiaia a 67 anni presenta un vincolo: per accedervi, la pensione deve essere almeno pari all’assegno sociale (circa 540 euro al mese).
Con un montante troppo basso — tipico di chi ha avuto buste paga ridotte — il rischio è concreto:
- niente pensione a 67 anni (né a 67 anni e 3 mesi dal 2028)
- pensione rinviata a 71 anni (o 71 anni e 3 mesi dal 2028)
Perché?
Perché per i contributivi puri, a 71 anni si può andare in pensione senza limite di importo, e bastano solo 5 anni di contributi.
Dunque, chi ha una carriera caratterizzata da stipendi bassi rischia davvero di andare in pensione solo dopo i 71 anni.
