Siamo ad agosto e ancora nulla trapela sulle intenzioni del governo riguardo la riforma pensioni. Il nodo principale da sciogliere è quello del dopo quota 100 che finirà il 31 dicembre. E dal 2022, in assenza di interventi, scatterà per molti uno scalone di 5 anni.
Aumenta quindi il pressing dei sindacati e dei partiti che hanno voluto quota 100 per una soluzione alternativa ma comunque efficace al pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi. Il ritorno alle regole della Fornero non lo vuole nessuno.
Riforma pensioni entro dicembre, le ipotesi
Ma il governo deve anche fare i conti con le esigenze di bilancio. La pandemia ha messo a dura prova e sotto stress il Tesoro. Il debito pubblico italiano è ormai a livelli record e i margini di manovra per nuove forme di pensionamento anticipato sono strettissimi.
L’alternativa di quota 41, benché piaccia ai sindacati e alla Lega, costa troppo: servirebbero 4,3 miliardi nel 2022 e fino a 9,2 miliardi a fine decennio. La proposta è quindi bocciata in partenza.
Si sta quindi pensando a un sistema di accesso alla pensione più flessibile. Un meccanismo che il presidente dell’Inps Pasquale Tridico propone da tempo e che si basa sostanzialmente sull’estensione del riconoscimento alla pensione anticipata per i lavoratori gravosi e usuranti.
Anche le donne, in questo senso, meritano maggior tutela. Si sta quindi pensando di rinnovare, se non addirittura rendere strutturale, opzione donna. Per loro l’uscita resterebbe confermata a 58 anni di età (59 per le autonome) con 35 anni di contributi.
Gli altri nodi da sciogliere
Occorre poi trovare le risorse per dare garanzie future ai giovani. Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 la pensione sarà infatti calcolata solo col regime contributivo. Quindi nettamente più bassa.
Se poi la carriera è costellata di lavori precari, discontinui e mal pagati, la pensione sarà da fame, posto che non è previsto il trattamento di integrazione al minimo.
Per i giovani – sostiene il presidente dell’Inps Pasquale Tridico – si può partire dal riscatto gratuito della laurea e dei periodi formativi, per compensare i buchi che ci possono essere nella carriera.
Poi servono interventi per le lavoratrici, che tengano conto dello scenario demografico: quindi sgravi contributivi legati alla maternità, come avviene in Germania.