Partita pensioni al fischio d’inizio: nessuno uscirà al secondo tempo ma si parte con penalizzazione

Prende sempre più corpo l’idea della pensione in due tranches come proposto dall’Inps. Un acconto a 64 anni e il resto al raggiungimento dei 67. Ma non per tutti.
3 anni fa
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pensioni

La riforma pensioni 2023 è ferma ai box. Colpa della crisi energetica derivante dalla guerra in Ucraina per la quale il governo è impegnato a tutto campo a difesa del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati.

La criticità della situazione non depone però a favore di una soluzione accomodante per i lavoratori. Il governo non farà altro deficit per le pensioni, a maggior ragione in questo scenario congiunturale.

La pensione a tranches

Prende così sempre più corpo l’idea di concedere la pensione anticipata a tranches, come proposto già lo scorso anno dall’Inps.

Cioè con uscita anticipata a 64 anni di età e pagamento parziale della pensione a cui seguirebbe, al raggiungimento dei 67 anni, la liquidazione totale.

La prima tranche – spiega il presidente dell’Inps Pasquale Tridico – consisterebbe nel pagamento della rendita per la sola parte del montante contributivo accumulato dal 1996 in poi. Quindi col sistema di calcolo contributivo puro.

La seconda tranche, invece, arriverebbe al compimento dei 67 anni di età e riguarderebbe la parte di pensione i cui contributi sono stati versati prima del 1996. Il calcolo avverrebbe in questo caso col sistema retributivo, più oneroso.

In buona sostanza, la pensione mista, quella finora pagata con le regole di quota 100, non sarebbe pagata tutta insieme. Ma in due tranches distanziate di 3 anni l’una dall’altra.

La flessibilità e calcoli che non tornano

Con questo sistema si riuscirebbe a garantire a tutti l’uscita anticipata a 64 anni di età, senza alcuna penalizzazione alla fine dei conti. Insomma si darebbe ai lavoratori un acconto, mentre il saldo arriverebbe col raggiungimento dei requisiti di vecchiaia.

Resta da vedere se i requisiti saranno gli stessi previsti per il pensionamento di vecchiaia a 67 anni. E cioè i 20 anni di contributi minimi richiesti. Lì sta infatti il problema, perché se un lavoratore ha iniziato a versare contributi nel 2000 e l’anno prossimo compie 64 anni, otterrebbe la pensione anticipata senza dover attendere nient’altro al compimento dei 67 anni.

Attualmente per i contributivi puri è necessario che a 64 anni l’assegno sia almeno 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale (circa 1.310 euro al mese nel 2022). Cifra difficilmente raggiungibile con una retribuzione media.

E’ quindi probabile che questa opzione della pensione in due tranches sarà riservata solo a chi ha iniziato a versare contributi nel sistema retributivo (prima del 1996) escludendo chi, invece, ha iniziato a lavorare dopo.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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