Anche nel mese di ottobre le banche centrali sono state acquirenti nette di oro per 53 tonnellate, il 36% in più rispetto a settembre e dato più alto dall’inizio dell’anno. In dieci mesi i loro acquisti netti sono stati per 254 tonnellate, sotto i livelli dei tre anni precedenti. Di questi, meno di un decimo ha riguardato l’incremento delle riserve di oro della Cina. La Banca Popolare Cinese deteneva ufficialmente 2.304,50 tonnellate alla fine di ottobre, collocandosi al sesto posto e poco dietro la Russia.
Quanto oro possiede la Cina
La domanda delle domande è ormai da tempo la seguente: quanto oro possiede davvero la Cina? I dati ufficiali non vanno presi alla lettera.
Lo rivela la storia delle stesse riserve del Dragone. Pechino tende a dichiarare gli acquisti passati anche dopo anni, aggiornandoli mensilmente o di trimestre in trimestre solo parzialmente. Agli inizi del 2009, ad esempio, passò da 600 a 1.054 tonnellate. In un solo colpo, comunicò al mondo un aumento del 75%. Lo stesso accadde nel 2015: da 1.054 a 1.658 tonnellate, un incremento del 60%.
Meno dollari in cassa
Qual è il senso di tale apparente lentezza nel portare alla conoscenza del pubblico i dati reali? La Cina sull’oro sta facendo la scommessa della vita. Fa incetta di questo “safe asset” per allentare la dipendenza dal dollaro e dalla finanza internazionale che si basa su di esso. Teme di offrire un vantaggio al “nemico”, se mostrasse di mese in mese il livello reale degli acquisti. Questi, cioè l’America, avrebbe il tempo per organizzare una risposta puntuale, magari a sua volta acquistando altro oro per continuare a primeggiare.
Si crede che le riserve di oro in Cina ammontino effettivamente sulle 5.000 tonnellate. Ancora ben inferiori alle 8.133,50 degli Stati Uniti. Se così, servirebbero anni prima che la seconda economia mondiale possa ambire al primato. Anche per questo si monitorano i dati sulle detenzioni di titoli del debito USA o Treasury. Ammontavano a 700,5 miliardi di dollari a settembre, -10% in un anno. Alla fine del 2020, ancora erano pari a 1.000 miliardi. Ridurre gli acquisti di questi titoli equivale a diminuire i dollari in portafoglio e a liberare risorse da destinare ad altri asset, tra cui per l’appunto oro.
Annuncio-shock realistico
Grazie agli ingenti surplus commerciali, la Cina non ha problemi a comprare oro anche ai prezzi stratosferici a cui sono arrivati. Sarebbe un grosso colpo di teatro se un giorno annunciasse di possedere anche solo una tonnellata in più della Federal Reserve. Uno shock per i mercati finanziari, in quanto svelerebbe che il maggiore detentore del bene rifugio per eccellenza non sia più la superpotenza americana, né un qualche suo alleato. Al contrario, sarebbe un attore asiatico ostile all’Occidente.
A Washington ci si prepara da tempo a questo possibile, anzi probabile scenario. E allora perché il governo non dà mandato alla FED di rastrellare ulteriore metallo giallo sul mercato? A differenza della Cina, per l’America l’oro rappresenta un asset “nemico” della propria valuta.
E’ considerato l’anti-dollaro per il semplice fatto di esserne un’alternativa. Il boom dei prezzi di questi anni è vissuto con fastidio ad Atlanta, perché svela la debole fiducia che riscuote il biglietto verde all’estero e forse persino in patria. Contribuire ad acuire questo trend, significherebbe accelerare i tempi per la perdita dello status di valuta di riserva mondiale.
Effetti della corsa all’oro in Cina
Cosa accadrebbe se la Cina un giorno dichiarasse di possedere più oro di ogni altro stato al mondo? La percezione dello yuan muterebbe. Ad oggi nessuno immagina che potrà soppiantare il dollaro nel suo ruolo globale, non a queste condizioni. L’economia cinese non è libera e abbondante di capitali come quella americana. La stessa valuta è soggetta a limitazioni in fase di accesso per gli stranieri e la determinazione del suo tasso di cambio resta un parziale mistero. Ci sono poco mercato e molto dirigismo a Pechino. Tuttavia, lo yuan o renmibi può ambire a diventare una valuta di riferimento regionale. La corsa all’oro di questi anni dispiegherebbe finalmente i suoi effetti concreti.
giuseppe.timpone@investireoggi.it



