Il segretario del Tesoro USA, Steve Mnuchin, continua a ribadire da mesi che il governo americano valuta con interesse l’emissione di un Treasury a 50 o anche 100 anni. L’opzione sta diventando sempre più concreta, a seguito del crollo dei rendimenti sovrani anche negli States, dove la scadenza più lunga è di 30 anni e alla fine di agosto ha toccato il suo minimo storico all’1,94%. E l’Italia? La curva delle scadenze dei nostri BTp è collassata nelle ultime settimane, anche per effetto della nascita del governo “giallorosso”.

Il bond più longevo, ribattezzato al tempo anche “Matusalemme”, è un cinquantennale e scade nel lontano 2067. Oggi, esso offre appena il 2,20%.

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Se il Tesoro emettesse un BTp a 100 anni, quanto gli costerebbe? Difficile rispondere a priori. Su una scadenza così lunga bisognerebbe verificare la reazione del mercato, in sé a caccia di rendimento, ma anche diffidente verso l’Italia. Probabile, però, che il rendimento lordo annuo preteso si collochi al momento a metà strada tra il 2,50% e il 3%, sostanzialmente simile o anche un po’ meno di quello esitato nell’ottobre di 3 anni fa per il 2067. Ma sarebbe un affare? E per chi?

Quando si colloca sul mercato debito molto duraturo, la speranza dell’emittente sta nel risparmiare sui costi per il futuro, pagando agli obbligazionisti un rendimento inferiore a quello che dovrebbe corrispondere nel caso di un rinnovo del titolo su scadenze più brevi. Ad esempio, se emetto un BTp a 100 anni al 2,75%, anziché uno a 10 anni allo 0,90%, al 2,75% e per un importo di 1 miliardo, so che dovrò pagare per un secolo 27,5 milioni di euro all’anno di interessi. Certo, oggi come oggi un decennale costerebbe solamente 3 volte mano, ma se tra 10 anni i rendimenti italiani risultassero saliti al 3%, un livello persino basso rispetto a quello medio esitato nell’era pre-QE, dovremmo rinnovare il debito a costi superiori rispetto a quelli che ci siamo assicurati con il bond secolare.

BTp a 100 e le cautele del caso

Dunque, il debitore scommette su tassi in rialzo negli anni futuri, il creditore nello scenario opposto. L’obbligazionista, infatti, acquisterebbe un titolo così lungo solo se credesse che i tassi di mercato siano destinati a diminuire durevolmente nei decenni. Tuttavia, su scadenze così lunghe un BTp a 100 anni non si mostrerebbe appetibile a sufficienza, non fosse altro che perché sarebbe rimborsato dopo la morte del possessore. Ne deriva che ad essere interessati sarebbero perlopiù gli investitori istituzionali, i quali posseggono un orizzonte temporale indefinito e che giocano molto sulle compravendite sul mercato secondario. Ma anche in questo caso, un BTp acquistato a rendimento molto basso rispetto alla media storica si mostrerebbe rischioso per via dell’alta volatilità attesa entro la scadenza.

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In generale, poi, c’è un aspetto che va considerato: se il Tesoro italiano emettesse un BTp a 100 anni, sarebbe per consolidare il debito a costi bassi, confidando su una domanda che in passato non si sarebbe nemmeno sognato potesse esistere. Questa domanda, però, sarebbe il frutto di previsioni pessimistiche per il lungo termine, dato che tassi bassi equivalgono a scontare bassa crescita, accomodamento monetario persistente e bassa inflazione, quest’ultima sia per fattori strutturali (demografia, tecnologia e globalizzazione), sia anche per lo stato depresso della domanda interna. In un certo senso, se il Tesoro di Roma puntasse improvvisamente sulle scadenze ultra-lunghe, sarebbe un segnale negativo per le prospettive economiche dell’Italia, anche se l’impatto sui conti pubblici nei decenni si mostrerebbero positivo, avendo minori scadenze da rifinanziare e alleggerendo, quindi, il calendario delle emissioni.

Non è detto che il BTp a 100 anni sia un’ipotesi anche solo sul tavolo di Via XX Settembre. Solo se i rendimenti italiani si stabilizzassero ai livelli attuali o continuassero a scendere, diverrebbe uno scenario allettante. In fondo, una emissione una tantum non avrebbe senso nemmeno sul piano del consolidamento di un debito da quasi 2.400 miliardi di euro. Se il Tesoro avesse l’impressione che la pacchia di questa fase sia destinata a durare poco, non si esporrebbe con un bond, che oltre a rischiare un flop sul mercato con conseguenze d’immagine rovinose per i nostri BTp, resterebbe un espediente isolato, una pura testimonianza simbolica. Serve verificare prima che l’appetito sia eventualmente solido e che possa avere un seguito anche nel medio e lungo periodo.

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