Il rally dei BTp sembra essere finito da settimane per ragioni che riguardano nello specifico l’Italia, oltre che per un contesto internazionale divenuto improvvisamente meno favorevole agli investimenti obbligazionari. I rendimenti dei bond risalgono dai minimi storici toccati in tarda estate un po’ in tutta Europa, a partire dalla Germania, balzando anche negli USA, dove gli investitori fiutano la pausa che la Federal Reserve dovrebbe prendersi sul taglio dei tassi. Paradossalmente, dalla nascita del governo “giallo-rosso”, guidato dallo stesso premier Giuseppe Conte, i nostri titoli di stato hanno accusato forti perdite, nonostante la nuova maggioranza parlamentare sia certamente più gradita ai mercati finanziari per il suo maggiore tasso di europeismo.

Eppure, oggi il decennale italiano rende l’1,37-8% contro l’1,35% della Grecia. Sulla scadenza a 20 anni, le distanze si sono ristrette a meno di 15 punti base.

Apocalisse finanziario con BTp declassati a rating “spazzatura”

E’ pur vero, però, che i BTp avevano corso proprio nelle settimane precedenti alla nascita del nuovo esecutivo, scontandone in anticipo gli sviluppi in politica fiscale e, soprattutto, rapporti più positivi con la Commissione europea. Tuttavia, è innegabile come la legge di Stabilità in corso di approvazione alle Camere abbia deluso le aspettative. E i litigi quotidiani tra i partiti della maggioranza non lasciano intravedere un futuro lungo per il governo.

Il punto più basso per i rendimenti italiani e quello più alto per i prezzi erano stati toccati agli inizi di settembre. Allora, la curva delle scadenze si era sgonfiata ai minimi termini, con il quinquennale ad offrire appena lo 0,26%, il decennale ad essere sceso in area 0,88%, il trentennale di poco superiore all’1,50% e il cosiddetto “BTp Matusalemme”, quello che matura nel 2067, ad attestarsi al 2,11%. Da allora, rendimenti su e prezzi giù. Chiaramente, la “duration” spinge più in basso i prezzi dei titoli più longevi, più sensibili alle variazioni dei rendimenti.

Perdite BTp anche a doppia cifra

In effetti, scopriamo che il BTp settembre 2024 ha perso il 2% in poco più di due mesi, a fronte di un rendimento più che raddoppiato nello stesso frangente, arrivando allo 0,61% attuale. Le perdite per il decennale sfiorano il 4%, con il rendimento ad essere esploso di circa 50 centesimi, mezzo punto percentuale. Il BTp 2039 accusa un più pesante -6,9%. Esso ora rende il 2,04%, +53 punti base rispetto al 4 settembre scorso. E procedendo lungo le scadenze, il trentennale BTp 2049, quello emesso a inizio anno, risulta aver ripiegato di quasi il 10%, rendendo adesso il 2,39%, esattamente 50 bp in più.

BTp superati dalla Grecia, il decennale italiano rende più di Atene

Infine, il BTp 2067. Resta nettamente sopra la parità, dato che la sua cedola del 2,80% si mostra ancora allettante rispetto al rendimento, il quale è salito nel frattempo anch’esso di circa mezzo punto, attestandosi al 2,60%. La sua quotazione per converso ha ceduto poco meno del 12%. Questi numeri ci segnalano un “sell-off” significativo, per quanto non tale da riportare i rendimenti ai livelli di guardia. Anzi, essi rimangono storicamente assai bassi, sebbene bisogna scontare per questa fase un’inflazione che rasenta lo zero nel nostro Paese, oltre che nel resto dell’Eurozona.

E si consideri che le distanze con gli altri paesi del Mediterraneo stanno ampliandosi, anziché stringere o rimanere intatte. Il Bonos a 10 anni, pur scontando le criticità politiche di questa lunga fase di instabilità a Madrid, offre oltre 90 centesimi in meno dell’omologo BTp. Il trentennale spagnolo viaggia su livelli di rendimento di quasi l’1,10% in meno del nostro e lo stesso vale per la scadenza a 20 anni, di circa l’1,20% più avida. A inizio settembre, lo spread con la Spagna si aggirava rispettivamente a 70, 80 e 40 bp.

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