Mentre i rendimenti sui mercati avanzati restano nei pressi dei minimi storici e, comunque, a livelli molto bassi e perlopiù negativi sulle medio-brevi scadenze, scontando le tensioni internazionali fortissime di questa fase di emergenza pandemica globale, le valute emergenti sono scese in alcuni casi ai minimi record e questo ci offre l’opportunità di specularvi per ricavare valore dagli investimenti. Per evitare di esporsi a rischi di credito non risibili e persino ad eventuali controlli sui capitali nei casi di “sell-off” destabilizzanti, meglio puntare sulle emissioni di organismi internazionali come la Banca Mondiale e denominate in valute emergenti, le quali di fatto azzerano il rischio di credito e tengono in vita solamente quello di cambio.

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Iniziamo con le obbligazioni in rubli russi, in scadenza l’1 luglio 2022 e cedola 5% (ISIN: XS2112229211). Emesse alla pari a inizio febbraio, ieri quotavano sotto 98 centesimi, offrendo così un rendimento del 6,90%. Perché appaiono interessanti, al netto del rendimento certamente appetibile rispetto ai livelli europei? Senz’altro è il cambio che ispira. Il rublo ha perso quest’anno oltre un quinto del suo valore contro il dollaro, attestandosi nei pressi dei minimi storici, risentendo molto negativamente del crollo delle quotazioni del petrolio, principale materia prima esportata da Mosca.

Il Brent è passato dai 65 dollari al barile di inizio anno ai 23 di ieri. Il tonfo è stato così potente, che il rublo non poteva non accusarlo in misura violenta. Eppure, poteva andare anche molto peggio. In effetti, questa fase di estrema debolezza del greggio passerà gradualmente dopo la cessata emergenza Coronavirus e ciò rafforzerà anche il rublo. Se scommettessimo su una sua ripresa a medio termine, otterremmo un rendimento effettivo nettamente superiore a quello nominalmente oggi offerto dal bond. Immaginate solo che, riportandosi ai livelli di inizio anno, il cambio offrirebbe qualcosa come il 20-25% in più alla scadenza, cioè in poco più di 2 anni.

Lira turca e rand sudafricano

E nel marzo 2023 scadono obbligazioni in lire turche con cedola 12% (ISIN: XS1791714147). Stamattina, prezzavano sopra la pari, in area 101, offrendo un rendimento alla scadenza dell’11,55%. Anche la lira sta toccando i minimi storici contro il dollaro, perdendo circa il 10% quest’anno. Preoccupa la cattiva gestione monetaria, con la banca centrale poco autonoma dal potere politico e tassi d’interesse reali negativi. Per contro, l’inflazione dovrebbe rallentare, forse già a partire da marzo, beneficiando del tonfo del greggio. Ciò aumenterebbe i tassi reali turchi e frenerebbe i deflussi dei capitali, a rafforzamento del cambio.

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Infine, i bond in rand sudafricani. Parliamo degli zero coupon con scadenza maggio 2035 (ISIN: XS1238805102). Prezza a 29 centesimi, per cui offre alla scadenza un rendimento cumulato del 245%. A seconda di come lo si calcola, se semplice o composto, il rendimento medio annuo sarebbe del 16% o dell’8,5%. In ogni caso, molto appetibile. Ma anche il cambio del Sudafrica è sceso ai minimi storici contro il dollaro, con il debito sovrano ad essere stato da pochi giorni ufficialmente scaraventato senza appello in area “junk” o “spazzatura”.

Se il rand continuasse a deprezzarsi al ritmo medio del 4,5-5%, come nell’ultimo decennio, il rendimento effettivo rimarrebbe comunque positivo. Certo, qui il problema consiste nel non beneficiare delle cedole periodiche e questo espone il titolo all’alta volatilità, nel caso di indebolimento del cambio. Per contro, si mostra un titolo interessante per specularvi proprio nel caso di rafforzamento del cambio sudafricano.

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