Lo scorso anno, l’International Finance Corporation, un ente facente parte della Banca Mondiale, emise un Social bond denominato in rubli russi per l’importo di 1,85 miliardi (21,66 milioni di euro al tasso di cambio attuale). I proventi raccolti sono stati destinati al finanziamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui il sostegno alle donne con scarso accesso a servizi essenziali come la finanza e alle popolazioni bisognose.

Da cosa è dipesa l’emissione in rubli? Dalla volontà dell’ente di diversificare le proprie obbligazioni e, soprattutto, di attirare capitali dagli investitori provenienti dai mercati sviluppati, dove i rendimenti offerti sono da anni assai bassi.

Questo Social bond ieri quotava sull’Euromot a meno di 89 centesimi. Ha scadenza 23 febbraio 2026 e offre cedola fissa lorda del 4,5% (ISIN: XS2302931394). Pertanto, presenta una durata residua di appena superiore ai 4 anni e un rendimento lordo dell’8,17%, pari al 7,15% netto. Ricordiamo che, trattandosi di un’emissione sovranazionale, l’imposizione fiscale nel nostro Paese è del 12,5%, uguale a quella applicata sui titoli di stato italiani.

I rischi del Social bond in rubli

Questo Social bond presenta un rischio di credito inesistente, dato che l’emittente ha rating AAA. Invece, il rischio di cambio è abbastanza elevato ed è questo il motivo per cui il titolo offre un rendimento apparentemente fuori mercato. Alle attuali condizioni, il tasso di cambio tra euro e rublo non dovrebbe superare il limite di 120 alla scadenza, altrimenti l’obbligazionista accuserebbe un rendimento netto effettivo negativo. Oggi, il cambio si attesta a 85,41. Nell’ultimo anno, la valuta russa si è apprezzata contro la moneta unica del 4,6%.

Il boom delle quotazioni petrolifere sostiene il rublo contro le altre valute, dato che la Russia è il secondo produttore al mondo di greggio dopo gli USA e tra i primissimi esportatori. Tuttavia, le tensioni geopolitiche non aiutano. Mosca è ai ferri corti con l’Occidente sulla crisi ucraina.

In verità, è dal 2014 che le relazioni diplomatiche con le capitali europee e Washington hanno accusato il colpo, dopo che il Cremlino decise di annettere la Crimea. Complice il contestuale tracollo delle quotazioni petrolifere, in questi ultimi otto anni il rublo ha perso circa il 45% contro l’euro, la media del 4,6% all’anno.

A questi ritmi, bisogna ammettere che da qui alla scadenza il cambio non giocherebbe del tutto contro il rendimento del Social Bond, che resterebbe positivo e di gran lunga superiore allo 0,75% lordo che oggi può offrire un BTp a 4 anni. Questo appare lo scenario più probabile allo stato attuale, a meno che le tensioni con l’Occidente non degenerino. Viceversa, l’ipotesi di un rafforzamento del rublo contro l’euro appare improbabile, pur da non escludersi nel caso in cui si registrasse un riavvicinamento delle posizioni tra Mosca e Bruxelles/Washington nei prossimi mesi e anni.

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