Il Messico è arrivato a fare traballare l’accordo tra OPEC e Russia sul taglio della produzione di petrolio, non avendo accettato di sottoporvisi per il 23% fissato per i paesi che nei giorni scorsi lo hanno sottoscritto. Alla fine, grazie alla mediazione dell’amministrazione Trump, si è offerto di ridurre la sua offerta da 400.000 a soli 100.000 barili al giorno. Per Fitch, tanto basterà per far diminuire le entrate fiscali dello 0,2% del pil, contribuendo ad allargare il deficit al 4,4%, a causa della recessione che anche l’economia messicana accuserà quest’anno per via della peggiore crisi internazionale dal 1929.

Ed ecco che l’agenzia ha tagliato il rating sovrano da “BBB” a “BBB-“, appena un gradino sopra il livello “junk” o “spazzatura”.

Bond di Pemex in caduta libera, con la crisi del petrolio arriva il rischio “downgrade”

Uno dei fattori di rischio per il debito pubblico del Messico, atteso in crescita quest’anno a quasi il 50% del pil (+6%), ai massimi dagli anni Ottanta, è dato dalle passività di Pemex, la compagnia petrolifera statale, proprio quella che a seguito dell’accordo sul taglio della produzione, vedrà ridotte le entrate, quando già nel 2019 aveva chiuso con una maxi-perdita da 18,3 miliardi di dollari. In queste settimane, anche il colosso ha subito declassamenti del rating a “CCC+” da S&P e “BB” da Fitch.

La controllata statale ha debiti per 105 miliardi di dollari e risulta ad oggi la società emergente con il più alto valore di obbligazioni emesse. Queste hanno subito forti cali negli ultimi due mesi, in coincidenza con il collasso dei mercati e delle economie con il diffondersi della pandemia. Se volete investire in un bond Pemex a medio-lungo termine, eccovi il titolo in scadenza nel febbraio 2025 e cedola 5,50% (ISIN: XS0213101073), che si acquista oggi a poco più di 92 centesimi, offrendo un rendimento al 7,50%. Allungando l’orizzonte temporale, troviamo il decennale in dollari con cedola fissa 6,84% e in scadenza nel gennaio 2030 (ISIN: USP78625DX85).

Si acquista a poco più di 73 centesimi e rende così sopra il 13%.

La crisi s’intreccia col rating sovrano

Rispetto ai livelli di fine febbraio, quest’ultimo titolo ha perso un terzo del suo valore, ma era arrivato a implodere in area 66 centesimi. Non è andata meglio al trentennale in dollari, quello che scade nel gennaio 2050 e con cedola 7,69% (ISIN: USP78625DY68), che quotando a 69 centesimi scarsi offre oggi un rendimento del 12,65%. Rispetto a meno di due mesi fa, vale oltre il 36% in meno. Infine, il bond a 40 anni, scadenza gennaio 2060 e cedola 6,95% (ISIN: USP78625DY68): quota poco sopra 70 centesimi e rende quasi l’11%. Ha perso dal tardo febbraio quasi un terzo del suo valore.

Obbligazioni Pemex 2027, 2030 e 2050: investimento allettante, ma con molti rischi

Per i titoli in dollari, chiaramente dovete tenere presente anche del rischio di cambio, in sé marginale, dati gli elevatissimi rendimenti offerti. Ma poiché nulla è gratis nella vita, tenete anche conto che la società non paga gli stipendi da mesi a centinaia di dipendenti, quelli assunti con contratti a tempo nel 2019. E risulta che persino con i fornitori sia in ritardo di pagamento. Insomma, la liquidità scarseggia e, anzi, i progetti d’investimento proseguono intatti, a causa della volontà del presidente marxista del Messico, Andre Manuel Lopez Obrador, di rilanciare la compagnia come ai tempi d’oro degli anni Sessanta e Settanta.

Il debito di Pemex vale il 9% del pil messicano e ad oggi si è dato un po’ per scontato che, essendo una compagnia statale e incidendo parecchio sull’economia domestica, il salvataggio pubblico sarebbe sempre e comunque automatico, per cui il rischio effettivo dovrebbe considerarsi basso, in linea a quello sovrano. Tuttavia, l’alta incidenza di queste passività non autorizza a supporre certi automatismi.

Questa ambiguità di fondo spinge da un lato le agenzie a guardare con sospetto ai conti pubblici messicani, dall’altro a mostrarsi fino a poco tempo fa un po’ più benevoli verso la compagnia. Ma la crisi petrolifera, con le quotazioni scese ai minimi dal 2002, ha fatto venire meno le rassicurazioni informali di questi anni.

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