Se vuoi costruirti un portafoglio obbligazionario e la scelta ricade sui BTp, quali inserire? Se ti poni come obiettivo di godere di redditi costanti con lo stacco delle cedole e di disporre all’occorrenza di titoli che fruttino plusvalenze con il rialzo dei prezzi (ribasso dei rendimenti), i bond con durata residua più lunga non dovrebbero mancare. Quanto ai titoli di stato, sono spesso noti con l’appellativo giornalistico di “BTp Matusalemme”. Parliamo delle scadenze più longeve, come i trentennali, i ventennali o, addirittura, il 2067.

Quest’ultimo venne emesso nell’ottobre 2016 e allora fu il bond più vecchio mai collocato sul mercato dal Tesoro italiano.

Liquidità fattore chiave per investire sul mercato obbligazionario

Abbiamo già esaminato questi tre tra i più lunghi BTp ad oggi circolanti, ma in questo articolo affronteremo la valutazione sul piano della liquidità degli scambi. Sappiamo che un’obbligazione poco liquida si presta a rischi superiori a quelli teorici specifici, in quanto risulta più difficile rivenderla prima della scadenza ai prezzi di mercato formalmente vigenti. Come si fa a capire se un bond sia più o meno liquido? Per prima cosa, bisogna guardare alla distanza tra denaro e lettera. Il primo o “bid” è il prezzo massimo che un acquirente è disposto a pagare, mentre il secondo o “ask” è quello minimo che il venditore è disposto ad accettare per vendere.

Quando lo spread bid/ask è basso, significa che le due parti del mercato riescono a incontrarsi facilmente e ciò accade quando sono numerosi sia gli acquirenti che i venditori potenziali, cioè quando giornalmente vengono chiusi numerosi contratti. Prendiamo il BTp 2067 (ISIN: IT0005217390), cedola 2,80%. Ieri, ha registrato 373 contratti per un controvalore complessivo di 10,66 milioni di euro, pari a una media per contratto di 28.500 euro. Oggi, la differenza tra denaro e lettera è negativa e di 3-4 pip, un valore in sé relativamente abbastanza basso.

Liquidità e ampiezza del mercato non coincidono

Il BTp 2049, (ISIN: IT0005363111), cedola 3,85%, di scambi ne ha registrati 385 per un valore totale di quasi 12,5 milioni di euro e oggi mostra una differenza tra il migliore denaro e la migliore lettera di ben 8 pip, non esattamente bassa. Infine, il 2039 (ISIN: IT0004286966), cedola 5%: solo 19 contratti chiusi ieri per complessivi 910.000 euro, mentre oggi segnala uno spread negativo di ben 13-14 pip, abbastanza elevato. A conti fatti, nell’arco di una sola seduta è passato di mano lo 0,16% dell’intero valore in circolazione del bond 2067, circa la stessa percentuale per il bond 2049, mentre si rasenta lo zero per il 2039. In altre parole, i primi due titoli risultano decisamente più scambiati del terzo, nonostante il ventennale sia teoricamente il mercato più liquido, trattandosi di 22,5 miliardi di euro già emessi contro i 6,6 miliardi del cinquantennale e gli 8 del trentennale.

Investire in BTp seguendo il rendimento immediato?

Dunque, abbiamo appreso con poche informazioni che non sia sufficiente guardare al solo controvalore di una scadenza per stabilirne il grado di liquidità, anche perché potrebbe accadere che essa venga detenuta da pochi investitori istituzionali cassettisti. Ciò accade particolarmente per determinate scadenze di riferimento per i mercati, come potrebbero essere anche i decennali, di cui fanno incetta le banche, i fondi e le assicurazioni. Del resto, proprio nell’ultimo anno si è registrata una caduta degli scambi di titoli di stato italiani, i quali nei primi mesi del 2018 valevano qualcosa come 11 miliardi di euro a seduta, crollando nel novembre scorso a un minimo inferiore ai 2 miliardi. Non a caso, ciò ha coinciso con il boom dello spread BTp-Bund, nonché con la divergenza crescente tra denaro e lettera.

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