Se davvero Giorgia Meloni volesse sorprendere gli alleati europei, potrebbe ratificare la riforma del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Dimostrerebbe che ciò che non riuscì all’europeista Mario Draghi può farlo un leader “sovranista”. La verità è che il tema resta delicatissimo, dato che proprio Fratelli d’Italia e Lega hanno sinora opposto resistenza. E l’Italia resta l’unico stato comunitario insieme alla Germania a non avere ancora dato il via libera. Berlino attende che si pronunci la Corte Costituzionale su istanza di un deputato liberale.

A Roma il nodo è squisitamente politico, perché il timore che prevale è che la riforma del MES possa avere un impatto negativo sui nostri titoli di stato.

Il tema della rinegoziazione del debito

In cosa consiste? Essa istituisce un cosiddetto “backstop” a sostegno del Fondo di risoluzione delle crisi bancarie. E semplifica il processo decisionale nel caso di ristrutturazione del debito pubblico. Ad oggi, risulta necessario per un governo ottenere il via libera sia degli obbligazionisti in possesso delle singole emissioni dei titoli di stato oggetto di ristrutturazione, sia dell’insieme degli obbligazionisti in possesso di tutti i titoli di stato oggetto di ristrutturazione. E’ il meccanismo della doppia votazione con maggioranza qualificata in assemblea.

La riforma del MES introduce il “single limb”, vale a dire un’unica votazione da parte dell’assemblea che riunisce i titolari di tutti i bond oggetto di ristrutturazione. In questo modo, il processo di rinegoziazione tra stato e creditori si velocizza. In apparenza, un grosso favore ai governi, nella pratica potrebbe non esserlo. L’Italia è indubbiamente oggi il paese dopo la Grecia più temuto nell’Eurozona sul piano della solidità fiscale. Se il mercato percepisse la riforma del MES come un modo per agevolare la rinegoziazione dei debiti più rischiosi, potrebbe prendere di mira i BTp. Pretenderebbe rendimenti ancora più alti per proteggersi dal rischio di attivazione delle CACs, le Clausole di Azione Collettiva introdotte a partire dal 2013 e che riguardano fino al 45% delle emissioni medio-lunghe ogni anno.

Riforma del MES cruccio per Meloni

Per la premier in pectore Meloni, la ratifica della riforma del MES sarebbe comunque complicata. O abiura alle sue idee esternate fino a qualche mese fa e strappa il plauso dell’Europa o accetta il rischio di confrontarsi con la reazione del mercato. Tuttavia, anche la mancata ratifica avrebbe implicazioni negative per i BTp: gli investitori vi scorgerebbero un motivo di scontro con Bruxelles e sconterebbero le conseguenti tensioni sui conti pubblici.

In altre parole, con un rialzo dei tassi BCE in corso, tutto ciò che agevola il dialogo con la Commissione europea è più benvenuto che mai. Tutto ciò che lo ostacola è percepito assai negativamente. Il debito pubblico italiano è considerato sostenibile fintantoché la BCE ci darà una mano acquistando titoli di stato e i commissari ci concederanno flessibilità per barcamenarci tra deficit e sostegno all’economia.

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