E’ la serata più attesa e anche la più temuta da governo italiano e mercati finanziari. A borse chiuse, Moody’s si esprimerà sul rating dei BTp, i titoli di stato italiani. La scorsa settimana, Fitch ha lasciato invariato il suo giudizio a BBB con outlook “stabile”, lo stesso di S&P. Anzi, ha pure aumentato le previsioni di crescita per l’economia italiana da 0,5% a +1,2% nel 2023. Insomma, ci è andata abbastanza bene. Tanto che lo spread è sceso in settimana sotto i 190 punti, viaggiando fin sotto i 185.

Incoraggianti in tal senso sono state anche le parole spese dal commissario agli Affari monetari, Paolo Gentiloni, circa il fatto che il nostro PIL sia quello che crescerà di più quest’anno tra le grandi economie d’Europa.

Appena un gradino sopra area “junk”

Ma tornando a Moody’s, l’agenzia americana si mostra molto più severa sull’Italia. In primis, perché assegna ai BTp il rating più basso: Baa3 con outlook negativo. Siamo un gradino sotto le altre due principali agenzie di valutazione internazionali e, peraltro, nell’agosto scorso ha rivisto al ribasso anche le prospettive. In teoria, ciò aprirebbe le porte a un ulteriore declassamento. Ed è ciò che ha minacciato esplicitamente nelle settimane scorse, quando ha messo in guardia circa la scarsa capacità di utilizzo dei fondi del PNRR, un fatto che ridurrebbe la crescita dell’economia italiana nel medio-lungo periodo e non consentirebbe una discesa rassicurante del rapporto debito/PIL.

Se Moody’s declassasse stasera il rating dei BTp, questo scenderebbe a Ba1, cioè in area “non investment grade”, anche nota nel gergo mediatico come “spazzatura” o “junk”. L’Italia sarebbe formalmente considerato un emittente speculativo e il suo debito pubblico ad alto rischio di credito. Sarebbe come se uno studente passasse da un voto 6 a 4-5. Perderebbe la sufficienza.

E cosa accadrebbe di così sconvolgente ai nostri titoli di stato?

Spread alle stelle, debito in balia dei fondi speculativi

Gli alti rendimenti offerti scontano già da almeno un decennio il maggiore rischio di credito insito nell’investimento in BTp. Non è solo rispetto ai titoli di stato tedeschi che i nostri bond rendono di più. Il decennale viaggia, ad esempio, in area 4,20% contro il 3,40% dei Bonos spagnoli. Potremmo pensare, quindi, che nei fatti i mercati si siano portati avanti e un eventuale “downgrade” non avrebbe grosse ripercussioni negative. Non è così. Una discesa in area “junk” costringerebbe svariati fondi d’investimento a liberarsi dei nostri BTp dai portafogli, in quanto per statuto non possono detenere asset speculativi.

Verosimile che si buttino a capofitto sui nostri bond perlopiù i cosiddetti fondi speculativi o “avvoltoio”, quelli che comprano e vendono senza alcuna strategia di lungo periodo, bensì semplicemente per fare profitti immediati. Il nostro debito sarebbe ancora più in balìa degli umori quotidiani di pochi investitori. La Banca Centrale Europea sarebbe costretta ad intervenire con una prima linea di difesa. Quale? Gli acquisti dei BTp sul mercato secondario tramite il PEPP. Ricordiamo che i reinvestimenti con il programma varato durante la pandemia restano possibili fino a tutto l’anno prossimo.

BCE costretta ad intervenire con “downgrade”

Tuttavia, è altresì probabile che ciò non basti a contenere l’esplosione dei rendimenti italiani. E così la Banca Centrale Europea (BCE) attiverebbe il famoso scudo anti-spread, messo a punto l’anno scorso e non ancora utilizzato. Si tratta di una versione rivisitata dell’OMT varato nel 2012 da Mario Draghi. Ma ha un difetto: non prevede acquisti illimitati, né incondizionati, né automatici. Praticamente, servirebbero settimane o mesi prima di effettuare una verifica del board sulle condizioni fiscali italiani e dopo per trattare con il nostro governo sulle misure da adottare per mettere in sicurezza i conti pubblici.

In questo clima, sarebbe pressoché impossibile per la BCE continuare ad alzare i tassi. Anzi, non potrebbe più neanche immaginare di azzerare i reinvestimenti nei bond acquistati con il Quantitative Easing, come già annunciato dal prossimo luglio. Sarebbe indotta a passare da una stretta a una nuova politica di allentamento monetario, magari mirata e temporanea. Uno scenario di cui nessuno vuol sentir parlare con un’inflazione nell’Area Euro ancora al 7% e che stenta a contrarsi con vigore.

Rating Moody’s BTp, serve giudizio

Non ci aspettiamo che stasera Moody’s declassi il rating dei BTp. Sarebbe un atto grave, irresponsabile e immotivato. Il debito pubblico è sceso già di dieci punti e mezzo in due anni dal picco raggiunto nel 2020 con la pandemia. La politica fiscale del governo Meloni è improntata sin dall’inizio alla prudenza. Tra le altre cose, il mercato globale dei bond “junk” non sarebbe verosimilmente in grado di accogliere titoli per oltre 2.300 miliardi di euro. Le conseguenze rischiano di rivelarsi catastrofiche per l’intero sistema finanziario mondiale. E da un’agenzia di rating ci si aspetta capacità di giudizio. Appunto.

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