Sembra un buon periodo per investire nei bond egiziani, il cui rally è iniziato a metà maggio. Da allora, i guadagni lungo la curva si aggirano fino al 20%. Eppure l’economia nordafricana se la passa tutt’altro che bene. Pandemia prima e guerra russo-ucraina subito dopo hanno messo a dura prova le finanze statali, colpendo tra l’altro il turismo, fonte principale di accesso alla valuta estera. Nel dicembre scorso, Il Cairo ha ricevuto lo stanziamento di un prestito del Fondo Monetario Internazionale (FMI) da 3 miliardi di dollari in cambio di riforme economiche.

Una di queste riguarda la svalutazione del cambio. Sembra essere stata posticipata, tant’è che questi continua ad aggirarsi da inizio anno attorno al tasso di 30.

Rischio default e riforme in corso

Basta il sostegno dell’FMI per arginare il rischio default? Cerchiamo di rispondere guardando come sempre ai fondamentali macro. La banca centrale disponeva a giugno di riserve valutarie per quasi 35 miliardi di dollari, superiori al debito estero a breve termine, stimato nel dicembre scorso a 30 miliardi. In teoria, esse risultano sufficienti a coprire 6-7 mesi di importazioni. Tra gli aspetti negativi c’è l’alta inflazione che affligge il paese, a quasi il 36% e ben sopra il livello dei tassi di interesse al 18,25%.

E arriviamo a un aspetto delicato con possibile impatto sfavorevole ai bond egiziani. La svalutazione effettuata a più riprese dal marzo dello scorso anno è considerata insufficiente a garantire un equilibrio sul mercato forex. Gli analisti in media si attendono un altro -20% contro il dollaro entro fine 2025, quando il tasso di cambio dovrebbe sfiorare quota 39. Una lira egiziana più debole sarà da stimolo alle esportazioni e permetterebbe di riequilibrare la bilancia commerciale e di attirare capitali stranieri. D’altra parte, all’impatto accresce il costo del debito estero da rimborsare.

Bond egiziani, scadenze corte meno rischiose

Le agenzie di rating classificano i bond egiziani con giudizi molto bassi, per quanto non così infimi: B per S&P e Fitch, B3 per Moody’s, rispettivamente il quinto e il sesto gradino dell’area “junk” o “spazzatura”.

Attualmente, i rendimenti lungo la curva delle scadenze in dollari ed euro si aggirano intorno al 16-17%. I bond egiziani in dollari che saranno rimborsati il 29 maggio 2024 con cedola 5,75% (ISIN: XS2176895469) presentano una quotazione sopra 92 centesimi e offrono circa il 16,80%. La scadenza in euro del 16 aprile 2030 con cedola 5,625% (ISIN: XS1807305328) si acquistava ieri a circa 57,50 centesimi e rendeva intorno al 16,60% all’anno. Infine, la scadenza in dollari 30 settembre 2033 con cedola 7,30% (ISIN: XS2391395154) superava i 59 centesimi e offriva il 15,70%.

Prezzi bassi, per cui i bond egiziani appaiono allettanti. Per quanto spiegato sopra, però, c’è da tenere gli occhi aperti. C’è da aggiungere che i numeri non sembrano prospettare un rischio default imminente. Un’eventuale crisi fiscale avrebbe conseguenze drammatiche nel medio-lungo periodo, ma nel breve l’Egitto dovrebbe riuscire a ripagare i suoi debiti, a meno di uno shock imprevisto e dal forte impatto sulla sua già fragile economia. Pertanto, se proprio volessimo inserire in portafoglio qualche suo titolo di stato, meglio sarebbe puntare sulle scadenze più imminenti. Rendono tanto e presentano un rischio minore delle altre più lontane.

[email protected]