Aprivano il 2020 con un rendimento superiore all’1,40% e in settimana sono scesi allo 0,65%. I BTp a 10 anni beneficiano del rally obbligazionario globale sin dallo scorso mese di aprile, accelerando i guadagni, come tutte le altre scadenze, dall’estate scorsa. L’accordo tra i governi europei sul Recovery Fund ha significativamente ridotto il rischio sovrano percepito. Ad oggi, lo scenario prossimo prevalente consiste in rendimenti italiani in linea o persino inferiori a quelli italiani. Questo non significa che non esistano rischi incombenti per il mercato dei bond tricolori.

Tenete d’occhio questi tre BTp se credete nel rally sovrano italiano

Uno di questi riguarda proprio il Recovery Fund. Considerato un sostegno sovranazionale alle economie più in difficoltà e una prima forma di mutualizzazione dei debiti sovrani nel Vecchio Continente, è tutt’altro che certo. Le liti tra Consiglio UE ed Europarlamento e quelle tra Nord ed Est Europa rendono lo strumento ancora incerto. Bene che vada, le risorse stanziate affluiranno agli stati tra molti mesi da oggi. Questo scenario costituisce un rischio per l’Italia, che con un rapporto debito/pil tendente al 160% è ritenuta la più esposta a una possibile nuova crisi del debito sovrano.

Altro rischio non meno grave e probabile riguarda la tenuta del governo Conte. La maggioranza “giallo-rossa” che lo sostiene è eterogenea ogni giorno di più e si regge fondamentalmente su due motivazioni: evitare l’appuntamento con le urne, così da eleggere con certezza il nuovo capo dello stato a inizio 2022; lo stato d’emergenza, che tiene in “agghiaccio” il dibattito politico e rende poco probabile un cambio di governo. Purtuttavia, lo sfarinamento del Movimento 5 Stelle accresce le probabilità di un “incidente” parlamentare che porti alla caduta del Conte-bis. Sarebbe un brutto colpo per i titoli di stato italiani, che hanno incrementato i guadagni dopo i risultati delle elezioni regionali, meno negativi del temuto per la maggioranza.

L’inflazione potrebbe tradire

E c’è il fattore reflazione. Fin qui, i mercati scontano un’inflazione nulla o poco dinamica per i prossimi anni e si accontentano di rendimenti altrettanto bassi o persino negativi fino alle medie e lunghe scadenze. Cosa accadrebbe, però, se la crescita dei prezzi accelerasse nei prossimi mesi? Avverrebbe con ogni probabilità a seguito di una ripresa dell’economia globale, che oltretutto distoglierebbe gli investimenti dai “safe assets” e aumenterebbe la propensione al rischio. In teoria, i BTp beneficerebbero di questo scenario, non essendo considerati porti sicuri al pari dei Bund o degli Oat francesi. Ma se l’economia italiana non agganciasse la ripresa contestualmente alle altre, il rischio sovrano percepito per i nostri bond salirebbe.

Reflazione, poi, significherebbe anche cessazione degli stimoli monetari straordinari varati con l’emergenza Covid. E anche per questa via i rendimenti italiani tornerebbero a crescere. Infine, potrebbe esserci reflazione anche senza ripresa economica alcuna, magari per via dei costi sostenuti dalle imprese nella lotta contro il Covid o per processi di “re-shoring” o anche per l’effetto dell’enorme liquidità iniettata sui mercati dalle banche centrali. Sarebbe lo scenario peggiore, perché i rendimenti italiani lieviterebbero con un pil stagnante o, addirittura, ancora in calo. La sostenibilità del nostro debito pubblico risulterebbe ancora più bassa e la speculazione festeggerebbe.

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