Venerdì scorso, i rendimenti obbligazionari sono saliti sui mercati internazionali dopo le dichiarazioni rese dal governatore della Federal Reserve, Jerome Powell. Egli ha ammesso che sia necessario contrastare “assolutamente” l’inflazione americana, prospettando un rialzo dei tassi dello 0,5% al board di inizio maggio. Il Treasury decennale è salito fino al 2,94%, mentre nelle stesse ore il BTp a 10 anni si è portato a ridosso di 2,65%, ai massimi da tre anni. Il giorno prima, la stessa BCE per bocca del vice-governatore Luis de Guindos paventava un rialzo dei tassi nell’Eurozona già nel mese di luglio.

Il rialzo dei rendimenti è sempre un fatto positivo per gli obbligazionisti a caccia di nuovi bond, meno per coloro che già posseggono bond a lungo termine in portafoglio. E’ da molto tempo che neppure prendiamo il BTp a 10 anni in considerazione per investire i nostri risparmi. Rendimenti nominali bassissimi e reali negativi. Tuttavia, nelle ultime settimane le cose sono cambiate velocemente.

Dicevamo, BTp a 10 anni sopra il 2,6%. La scadenza 1 giugno 2032 e cedola 0,95% (ISIN: IT0005466013) offriva venerdì un rendimento netto del 2,48%. E l’inflazione? Quella di marzo in Italia era salita al 6,5%, per cui in termini reali siamo a -4%. Sarebbe il caso, però, di tenere in considerazione il tasso d’inflazione di lungo periodo per evitare di scartare forme di investimento potenzialmente remunerative.

BTp a 10 anni, ecco il fattore cedola

Attualmente, il BTp Italia con scadenza più lunga è quello che sarà rimborsato nell’ottobre 2027. Esso ci segnala che il mercato si attende un’inflazione media annua per i prossimi 5 anni e mezzo di quasi il 2,2%. Ebbene, il BTp a 10 anni sarebbe teoricamente in grado di coprire tale perdita attesa del potere d’acquisto nei prossimi anni.

C’è un rovescio della medaglia: gran parte del rendimento netto ci sarebbe offerto alla scadenza, quando il Tesoro ci rimborserebbe a 100 il titolo oggi comprato a circa 85 centesimi.

La cedola netta rapportata all’investimento equivale, invece, solamente allo 0,98%. In pratica, il flusso di redditi incassato fino al 2032 risulterebbe verosimilmente molto inferiore all’inflazione.

Da questo punto di vista, potremmo parzialmente rimediare con un altro BTp a 10 anni, in scadenza l’1 marzo 2032 e con cedola fissa lorda di 1,65% (ISIN: IT0005094088). Alla quotazione di circa 92,6 centesimi, offriva venerdì un rendimento netto del 2,27%, lo 0,2% in meno dell’altro decennale. Tuttavia, da qui alla scadenza ci farebbe incassare una cedola netta effettiva dell’1,56%, quasi +0,6% all’anno. Sarebbe ugualmente insufficiente a coprire il tasso atteso d’inflazione, ma pur sempre meglio del bond alternativo. Alla scadenza, però, realizzeremmo una plusvalenza minore.

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