Da novembre, la BCE torna a comprare titoli di stato e altri assets (obbligazioni garantite, corporate e Abs) per un controvalore mensile di 20 miliardi di euro e a tempo indeterminato, cioè fino a quando non sarà centrato stabilmente il target d’inflazione per l’Eurozona a “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. L’obiettivo non sembra alla portata, se è vero che le aspettative d’inflazione nell’area risultino sostanzialmente stabili da mesi intorno all’1,20%. Questo è il dato che emerge monitorando il cosiddetto “5y5y forward swap inflation”, vale a dire i contratti tra privati che si fondano sull’inflazione attesa a 5 anni tra 5 anni.

In altri termini, parliamo del periodo 2024-2029, per cui la BCE non sarebbe ancora in grado di surriscaldare le aspettative sui prezzi da qui al prossimo decennio.

Gli acquisti di bond governativi assorbiranno da dopodomani gran parte del budget a disposizione di Francoforte. Sulla base del primo round di “quantitative easing”, possiamo stimarli nei pressi dei 16 miliardi di euro di controvalore. Di questi, ai BTp spetterebbe una quota di 2,5-3 miliardi di euro al mese, qualcosa come almeno 120-130 milioni a seduta. Quali effetti avranno tali acquisti sui BTp e sugli spread?

Possiamo ben dire che dall’annuncio del QE2 a settembre, i rendimenti dei titoli di stato nell’area abbiano scontato la maggiore domanda per via istituzionale, tant’è che il decennale italiano, complice la svolta politica di fine estate a Roma, è arrivato a offrire un minimo storico di circa lo 0,80%. Da diverse sedute, invece, risulta risalito sopra l’1%. Il fenomeno riguarda anche il Bund, che si è allontanato dal record minimo del -0,70% a cui era sprofondato tra fine agosto e inizio settembre, rendendo attualmente il -0,35%. Lo spread BTp-Bund si è portato così a circa 135 punti base.

Il QE2 della BCE di Draghi scatena gli acquisti di bond, nuovi record per BTp

Cosa accadrà agli eurobond?

In teoria, il nuovo ciclo di QE avrebbe un effetto calmierante sugli spread, in quanto segnala ai mercati finanziari il sostegno della BCE al comparto obbligazionario, favorendo gli stati fiscalmente più deboli come l’Italia.

E poiché l’allentamento monetario avrebbe effetti espansivi sull’economia, anche per tale via l’umore degli investitori tenderebbe a migliorare e l’appetito per il rischio crescerebbe, spostando domanda a favore di BTp, Bonos, titoli portoghesi, etc.

Non aspettiamoci, tuttavia, ulteriori miracoli. I rendimenti non scenderanno per effetto dell’avvio degli acquisti, essendo stati già questi ultimi scontati. Variazioni in un senso o nell’altro dipenderanno dai prossimi annunci di Christine Lagarde, appena insediatasi al posto di Mario Draghi come governatore BCE. Se facesse intendere già al suo primo board di fine anno che manterrà la politica monetaria accomodante a lungo, la reazione sarebbe positiva da parte dei bond, mentre nel caso in cui segnalasse un avvio della stretta non lontana temporalmente, i rendimenti sovrani di tutta l’area risalirebbero e forse anche bruscamente, ma con andamento più accentuato per titoli come BTp, i quali sconterebbero a quel punto maggiori rischi a carico dell’Italia, ampliando lo spread con i Bund.

Aldilà degli annunci, poiché gli acquisti verosimilmente non verranno ritirati fino a quando l’inflazione nell’Eurozona si stabilizzerà al rialzo, sarà proprio l’andamento di questa a segnare nei prossimi mesi l’umore sul mercato obbligazionario di Eurolandia. Non necessariamente dovremmo attenderci che lo stop al QE2 avverrà quando la crescita tendenziale dei prezzi sarà vicinissima al 2%, perché Germania e alleati del Centro-Nord Europa farebbero pressioni già al raggiungimento di livelli inferiori, magari nei pressi dell’1,50%. Con questi chiari di luna, non sarebbe un fatto imminente.

BTp, rally a fine corsa o ancora spazio per crescere?

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