Dalla fine del marzo scorso, mediamente i BTp si sono apprezzati del 12% sul mercato secondario. Basti guardare a cosa sia accaduto ai rendimenti, in calo verticale nelle ultime settimane, con il BTp 2067 ad essere sceso dal 3,50% al 2,20% in poco più di quattro mesi, guadagnando il 38%. Il decennale rende oggi lo 0,80%, circa tre volte in meno rispetto ai livelli pre-estivi. La corsa dei bond sovrani italiani è stata alimentata dall’ulteriore allentamento monetario della BCE per l’Eurozona e dal cambio di governo, con il Partito Democratico ad avere preso il posto della Lega in maggioranza, a fianco del Movimento 5 Stelle, rassicurando gli investitori sulla natura “europeista” del nuovo esecutivo.

Ad ogni modo, la curva delle scadenze dell’Italia continua a rimanere la seconda più alta dell’area dopo la Grecia. Se Spagna e Portogallo offrono rendimenti negativi fino agli 8-9 anni, i BTp si fermano ai 3 anni e sui 10 anni esibiscono ancora uno spread all’incirca sui 70 punti base rispetto a Madrid e Lisbona. Lo stesso trentennale spagnolo non va oltre l’1,10%, meno dell’1,95% dell’Italia.

Questi numeri ci segnalano come il rally dei BTp sarebbe tutt’altro che finito, a patto che sui mercati vengano meno le preoccupazioni legate alle peculiarità tutte negative dell’Italia, stretta tra alto debito pubblico ed economia stagnante. E’ vero che siano svanite quasi del tutto le preoccupazioni per l’uscita dall’euro, che adesso i 5 Stelle al governo rinnegano e la Lega dall’opposizione certamente non potrà provocare, ammesso che continui a volerlo. Tuttavia, le prospettive per i nostri titoli di stato non appaiono più improntate alla crescita.

Perché i dazi di Trump faranno aumentare spread e rendimenti BTp

I fattori di tensione per BTp

Anzitutto, le tensioni internazionali. Tra Brexit e dazi di Trump, l’economia nell’Eurozona rischia di accentuare il rallentamento in corso, pesando particolarmente sulle economie più deboli come l’Italia, già a crescita zero e con alle spalle una recessione tecnica registrata alla fine dello scorso anno.

Sin qui, a mettere in sicurezza i BTp c’era stata la BCE, ma dalla fine del mese, in concomitanza con la possibile uscita del Regno Unito dalla UE senza accordo, a capo dell’istituto s’insedierà Christine Lagarde, la quale prenderà il posto dell’uscente Mario Draghi. La francese erediterà un board più che mai diviso sulla prosecuzione sulla strada dell’accomodamento, tant’è che i mercati iniziano a temere un atteggiamento meno espansivo nei prossimi mesi.

Infine, le solite tensioni politiche a Roma. Il governo Conte-bis è appena nato, ma già le divisioni in seno alla maggioranza paiono sul punto di esplodere. Italia Viva di Matteo Renzi attacca quotidianamente Palazzo Chigi, specie sui temi dell’economia, tanto che il premier Giuseppe Conte ha sentito la necessità nel fine settimana scorso di chiarire che o questi distinguo vengono meno o si dimetterà. La stabilità politica a cui i mercati hanno guardato con estremo favore contro il rischio di elezioni anticipate, vinte con ogni probabilità dal centro-destra, se si fossero tenute questo autunno, si starebbe rivelando un miraggio. Nulla sembra realmente tenere unite le varie anime della maggioranza, se non il comune timore di perdere eventuali elezioni.

Questi fattori non depongono in favore di un prosieguo della corsa dei BTp, il che non significa che i rendimenti torneranno a salire. Semmai, dovremmo attenderci una certa stabilizzazione, prima che uno dei suddetti eventi vada nell’una o nell’altra direzione. L’eventuale ennesima proroga UE a Londra per trovare un accordo ed evitare la “hard” Brexit, l’affievolirsi delle tensioni USA-UE e USA-Cina sui dazi e una Lagarde in sostanzialmente continuità con l’era Draghi fungerebbero da tonificante per i nostri bond, viceversa nel caso le cose prendessero la piega opposta.

Il Tesoro emetterà più BTp lunghi o risparmierà al massimo sugli interessi?

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