Il premio fedeltà legato al BTp Futura 2037 raddoppia. Rispetto alle precedenti due emissioni, stavolta potrà arrivare al 6% dell’investimento nominale e non risulterà inferiore al 2%. Sappiamo che per i primi due bond retail del Tesoro, collocati sul mercato rispettivamente nel luglio e nel novembre dello scorso anno, il premio fedeltà era stato fissato tra un minimo dell1% e un massimo del 3%. Mutano, tuttavia, le modalità di calcolo e della sua corresponsione, di cui vi daremo conto nel prossimo paragrafo.

Premio fedeltà, ecco come sarà erogato

Come sappiamo, l’intento del Tesoro con l’emissione di BTp Futura è di raccogliere capitali tra i risparmiatori, unici ad avere accesso al collocamento.

Gli investitori istituzionali (banche, fondi, assicurazioni, etc.) potranno solamente acquistare questi bond sul mercato secondario, per cui non avranno diritto certamente a riscuotere il premio fedeltà per quello che vi stiamo per dire. Esso viene corrisposto alla scadenza ai soli obbligazionisti che abbiano acquistato il titolo in fase di collocamento e lo abbiano detenuto fino alla data del rimborso. L’obiettivo del Tesoro è di favorire l’investimento stabile e diffuso tra gli italiani nel debito sovrano e, soprattutto, a lungo termine. Non è un mistero che i piccoli investitori siano perlopiù “cassettisti”, ovvero puntino a riporre nel cassetto i bond acquistati per tenerli fino alla scadenza.

A differenza delle due precedenti emissioni, con il BTp Futura 2037 il premio fedeltà verrà corrisposto in due soluzioni: dopo otto anni e relativamente al tasso di crescita del PIL nominale italiano dei primi otto anni per un minimo dello 0,4% e un massimo dell’1,2%; alla scadenza, in relazione all’andamento del PIL nominale italiano sempre nei primi otto anno per il restante 0,6-1,8%. E sempre alla scadenza, poi, vi sarà una seconda distribuzione relativa all’andamento dell’economia domestica negli ultimi otto anni, compresa tra un minimo dell’1% e un massimo del 3%.

Crescita e rendimento extra, quali probabilità di ottenere il massimo

Poiché il premio fedeltà verrà corrisposto sulla base dell’andamento del PIL italiano da qui ai prossimi sedici anni, dobbiamo chiederci quali probabilità avremmo di incassare la percentuale massima prevista. Il primo nodo da sciogliere consiste nel capire se il 2021 rientrerà nel calcolo dei 16 anni o se il conteggio scatterà dal 2022. Poiché per quest’anno è atteso un rimbalzo del PIL reale del 3,4%, seguito dal +3,5% nel 2022 (stime UE), si tratta di un dato dirimente. Nel quinquennio 2015-2019, il tasso di crescita medio del PIL si era fermato allo 0,8%, per cui salire in un solo anno del 3-4% farebbe la differenza.

Prendendo per buone le stime UE e supponendo che dopo avere recuperato del tutto le perdite dovute alla pandemia nel 2020 continueremo a crescere ai ritmi pre-Covid per tutti i restanti quattordici anni, otteniamo un tasso medio di crescita dell’1,1-1,2%, a cui sommare l’inflazione. Quest’ultima dovrebbe tendere a poco meno del 2%, stando al target della BCE, ma sappiamo che da numerosi anni l’obiettivo viene disatteso in tutta l’Eurozona e, in misura ancora maggiore, in Italia, complice la bassa crescita dell’economia. Ad ogni modo, non scenderemmo sotto il 2% di crescita nominale media del PIL. Ai fini del premio fedeltà, significherebbe incassare un 4% complessivo, a metà strada tra valore minimo e massimo fissati.

In realtà, sarà decisiva anche la distribuzione del tasso di crescita lungo i sedici anni. Potremmo registrare ritmi elevati nei primi otto anni e decisamente più bassi negli ultimi otto o viceversa. Ciò ci consentirebbe di incassare fino al 3% massimo relativo a un periodo, pur dovendoci accontentare magari di un premio fedeltà prossimo ai minimi per l’altro. In conclusione, il rendimento extra del 6% alla scadenza, pari allo 0,375% annuo, sarebbe ad oggi un obiettivo velleitario, pur non impossibile nel caso di reflazione e di rimbalzo sostenuto del PIL per un periodo non così esiguo.

C’è anche da sperare che la pandemia sia stata quella scossa (drammatica) di cui l’Italia aveva bisogno per accelerare il passo.

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