Da anni, l’azzeramento dei tassi da parte delle principali banche centrali ha portato a un appiattimento della curva dei rendimenti. Ha fatto scalpore nelle settimane scorse, ad esempio, che il Treasury a 3 mesi avesse superato quello a 10 anni. Ad ogni modo, oggi il decennale americano offre non più dello 0,15-0,20% di un biennale. Ciò significa che mantenere il primo fino alla scadenza rende non più del 2% cumulato. Per restare nell’Eurozona, un Bund a 10 anni rende poco più di mezzo punto percentuale di un titolo a 2 anni.

Anche in questo caso poco per spronare gli investitori a puntare sul medio-lungo termine, anziché sul breve. Dunque, ha ancora senso allungare la durata di un portafoglio obbligazionario?

La risposta è positiva. Anzitutto, perché le scadenze brevi presentano alti rischi di reinvestimento. Non è possibile sapere in anticipo come muteranno i rendimenti lungo la curva. Se questi scendessero ulteriormente, una volta che i titoli in portafoglio giungeranno a scadenza, saresti costretto ad acquistare nuovi bond più costosi e meno redditizi. Inoltre, è noto come i titoli a più lunga scadenza siano anche quelli maggiormente capaci di captare valore nelle fasi di discesa dei rendimenti. Poniamo che un bond abbia duration 7 e un altro solo 2. Quando i rendimenti scendono dell’1%, il primo salirebbe di prezzo del 7% e il secondo del 2%. La duration non coincide con la durata residua del bond, ma la segue. Questo ci porta a concludere che più lunghe le scadenze, maggiori i guadagni potenziali nelle fasi favorevoli. Certo, per contro vale lo stesso anche con le perdite, ma in quel caso è sufficiente attendere le scadenze per evitarle.

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Scadenze più lunghe e progressive

Oltre ad allungare la durata media di un portafoglio obbligazionario, sarebbe altresì importante gestirlo in modo tale da godere di flussi di reddito stabili nel tempo.

Ad esempio, potremmo acquistare titoli di durata progressiva fino agli “n” anni e ricevendo cedole costanti nel corso dell’anno, magari al ritmo di una al trimestre, etc. In questo modo, il rischio verrebbe meglio contenuto. Supponiamo, infatti, di possedere 10 bond a cedola fissa, ciascuno di durata superiore all’altro di un anno. Questo significa che ogni anno ne arriva a scadenza uno e, a quel punto, se i rendimenti sul mercato saranno saliti, lo si potrà rimpiazzare con un bond più redditizio, mentre se saranno scesi, si avranno sempre a disposizione gli altri bond già inseriti nel portafoglio.

In conclusione, quando le curve si mostrano piatte, l’investitore è tentato di concentrarsi sulle brevi scadenze, non intravedendo benefici sostanziali nel puntare su un orizzonte temporale medio-lungo. Tuttavia, ragionando in prospettiva, ha sempre senso proteggersi dalle possibili variazioni delle condizioni di mercato future. E attraverso la costruzione di un portafoglio obbligazionario strutturato su scadenze progressive, risulta possibile minimizzare i rischi, ossia l’impatto che eventuali variazioni di mercato avverse avrebbero sul rendimento complessivo.

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